A partire dai fatti degli anni di piombo, dalle
testimonianze dei figlie e delle figlie delle vittime del terrorismo, di cui ci
parlerà il professor Maida nella sua lectio magistralis, oggi saranno
presentati i risultato di due percorsi didattici e metodologici in parte
diversi, “Memoria futura. Leggere gli
‘Anni di Piombo’ per un domani senza violenza”, il primo, e il progetto europeo C4C “The Terrorism Survivors Storytelling.
Piattaforma globale per le storie di resilienza e sensibilizzazione al problema
della radicalizzazione”, il secondo, ma entrambi convergenti nelle loro
finalità.
Lavorare sulla storia del terrorismo e la testimonianza
delle vittime con il fine di non fare solo storia contemporanea nelle scuole,
ma anche educazione alla cittadinanza, alla cultura democratica del pluralismo,
della non violenza. Un’educazione civica per la far crescere il pensiero
critico verso le varie forme di propaganda della violenza politica. Una crescita
della consapevolezza dei rischi insiti nei processi di radicalizzazione che
possono condurre al terrorismo e rovinare la vita di giovani. Un’educazione
sorretta da una pedagogia delle tolleranza contro quella dell’intolleranza:
cioè la paziente e difficile cultura delle mediazioni e del riformismo in
opposizione alle facili scorciatoie del ‘tutto subito e guai a chi si mette di
mezzo’.
Si tratta di un percorso educativo tutt’altro che facile: i
ruoli dei giocatori nei fatti di terrorismo, a parte le vittime, non sono mai
limpidi: i terroristi, le istituzioni
statali, la politica, i servizi segreti interni e stranieri giocano
funzioni diverse e complesse che non seguono schemi banali e o logiche manichee.
E’ facile perdersi nel groviglio di interessi e lasciarsi andare a giudizi
superficiali. In questo percorso didattico abbiamo quindi privilegiato
presentare quello che è il risultato fattivo più rilevante del terrorismo:
quello di colpire uccidere o ferire persone che sono sempre degli innocenti.
Smascherare quello che si cela dietro le propaganda: gli ideali politici,
nazionali o religiosi e la giustizia acclamati che si risolvono nell’atto
vigliacco - concreta ‘banalità del male’ - di mettere bombe o sparare a
cittadini inermi.
Due progetti presenti nella collezione di buone pratiche per
la prevenzione della radicalizzazione violenta, pubblicato dalla rete RAN della CommissioneEuropea. Un’Europa che, seppur ultimamente talvolta critica, ha il merito di
aver colto, prima dell’Italia, l’importante ruolo che le vittime e le loro
associazioni posso svolgere nella prevenzione del terrorismo.
Due progetti che si sono rivolti a tipologie di scuole
diverse con classi e studenti di età diverse, ma accomunati dal fatto di chiede
a tutti i giovani coinvolti di fare uno sforzo per comprendere il fenomeno per
poi farne oggetto di una loro valutazione e riflessione. Delle valutazioni che
talvolta non possono che restare degli interrogativi. Riflessioni che in alcuni
casi abbiamo chiesto fossero comunicate con gli strumenti della cultura
giovanile, della musica e dei video clip, in modo che colpissero più i loro
coetanei che non noi o gli insegnanti.
Rinnovo i ringraziamenti, da parte dei componenti il gruppo
scuola di Aiviter, agli enti che ci hanno sostenuto e agli insegnanti e agli
studenti tutti che hanno condiviso con noi una parte di questo anno scolastico,
augurandoci di proseguire il lavoro nei prossimi, essendo - con un po’ di
orgoglio - consapevoli che una migliore qualità democratica del nostro paese
passa anche da progetti come questi.
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