giovedì 20 gennaio 2022

giovedì 13 gennaio 2022

What are persecutory texts if not what we today call conspiracy theories?

[notes of linguistic clearcy]


"Girard coins the term textes de persécution (persecutory texts) to refer to texts which are unconsciously structured by the sacrificial logic that he has uncovered. However, after La Violence et le sacré, in Des choses cachées depuis la fondation du monde Girard introduces a development in his thought which he will explore further in Le Bouc émissaire. What he calls textes de persécution are texts, be they historical or mythical, which are complicit with the designation and persecution of scapegoats; for example, anti-Semitic texts are written as if their authors really believed in the guilt of the Jews, so such texts actively encourage and participate in the violence of the persecutory mechanism." (Colin Davis & Elizabeth Fallaize, French fiction in the Mitterrand years : memory, narrative, desire. Oxford : Oxford University Press, 2000, p. 46)

"The malevolent intent assumed by most conspiracy theories goes far beyond everyday plots borne out of self-interest, corruption, cruelty, and criminality. The postulated conspirators are not merely people with selfish agendas or differing values. Rather, conspiracy theories postulate a black-and-white world in which good is struggling against evil. The general public is cast as the victim of organised persecution, and the motives of the alleged conspirators often verge on pure maniacal evil. At the very least, the conspirators are said to have an almost inhuman disregard for the basic liberty and well-being of the general population. More grandiose conspiracy theories portray the conspirators as being Evil Incarnate: of having caused all the ills from which we suffer, committing abominable acts of unthinkable cruelty on a routine basis, and striving ultimately to subvert or destroy everything we hold dear." (Brotherton, Robert (2013). "Towards a definition of 'conspiracy theory'" . PsyPAG Quarterly. 88: 9–14)


domenica 9 gennaio 2022

Les « années de plomb » dans le rétroviseur de Paris et de Rome

 

mercoledì 5 gennaio 2022

L’Italia messa in mora dall’Europa sui diritti delle vittime del terrorismo

Dal 2017 una Direttiva europea integra quella sui diritti per tutte le vittime di reato, la 2012/29/UE, con alcuni specifici diritti per quelle del terrorismo. Tra questi, al comma 4 dell’art. 24 della Direttiva 2017/541/UE, si legge:
«Gli Stati membri provvedono affinché siano posti in essere meccanismi o protocolli per l’attivazione di servizi di sostegno alle vittime del terrorismo nel quadro delle infrastrutture nazionali di risposta alle emergenze. Tali meccanismi o protocolli prevedono il coordinamento delle autorità, delle agenzie e degli organismi pertinenti per poter fornire una risposta globale alle esigenze delle vittime e dei loro familiari immediatamente dopo un attentato terroristico e per tutto il tempo necessario, compresi mezzi adeguati che facilitino l’identificazione delle vittime e la comunicazione con esse e le loro famiglie».
Gli Stati membri della Ue hanno quindi l'obbligo di fornire consulenza e informazioni su questioni legali, pratiche o finanziarie pertinenti come parte integrante del sostegno offerto alle vittime subito dopo un attacco terroristico. E, viceversa, le vittime del terrorismo hanno il diritto di essere informate sui propri diritti e i servizi posti a loro disposizione. Cioè il diritto delle vittime a ricevere, fin dal primo contatto con un'autorità competente, le informazioni fattuali e di attualità sull'aggressione, sulla situazione attuale e sulla condizione dei propri cari, da una parte; e il diritto ai servizi (ad es. psicosociali, legali, medici e finanziari) che le aiutino ad affrontare l’attentato e le sue conseguenze in modo pratico e resiliente.

Un mese fa, il 2 dicembre 2021, la Commissione Europea ha scritto al Ministro degli Affari esteri, on. Di Maio, per segnalare l’avvio della procedura di infrazione, la n. 2021/2180. Ovvero la lettera di costituzione in mora ex art. 258 TFUE, proprio perché giudica non recepito nella legislazione italiana il comma 4 dell’art. 24 della Direttiva 2017/541.
In Italia non solo manca il recepimento di questa Direttiva, ma anche quando la Commissione Europea ha istituito, negli ultimi due anni, un “Centro di competenza dell’UE per le vittime del terrorismo – EUCVT”(*) per offrire competenza, orientamento e sostegno alle autorità nazionali e alle organizzazioni di assistenza alle vittime del terrorismo, le prime, le autorità italiane, cioè i ministeri di Interni e Giustizia, sono state completamente latitanti. Ho potuto constatalo direttamente quando, nel corso del 2021, mi sono trovato nel ruolo di funzionario nazionale della formazione per l'Italia del Centro EUCVT. Al corso organizzato sui diritti delle vittime del terrorismo nelle Direttive europee hanno preso parte esclusivamente soggetti del volontariato e del privato sociale: i centri della Rete Dafne, le Misericordie e gli psicologi dell’emergenza.

Il 3 febbraio 2015, durante il messaggio al Parlamento seguito al giuramento per l'elezione a Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella ha ricordato un attentato terroristico:
«(L'Italia) ha pagato, più volte, in un passato non troppo lontano, il prezzo dell'odio e dell'intolleranza. Voglio ricordare un solo nome: Stefano Taché, rimasto ucciso nel vile attacco terroristico alla Sinagoga di Roma nell'ottobre del 1982. Aveva solo due anni. Era un nostro bambino, un bambino italiano».
Ora che sta terminando il settennato, l’Italia si trova in una paradossale situazione verso il resto dell’Europa. Infatti, se un attentato come quello alla Sinagoga di Roma, che con il lancio di bombe a mano e uso di mitra comportò anche il ferimento di 37 persone, si ripetesse oggi (sia mai, naturalmente!), i diritti ad una pronta ed immediata informazione e assistenza alle vittime sarebbero gli stessi del 1982, cioè nessuno.  
In Francia, ad esempio, subito dopo un attacco terroristico che ha colpito un gran numero di persone, viene attivata la cellula interministeriale per l'informazione pubblica e il sostegno alle vittime ("Cellule Interministérielle d'Information du Public et d'Aide aux victimes" - C2IPAV Infopublic). Il “C2IPAV Infopublic” collabora strettamente con le autorità locali e le organizzazioni locali di supporto alle vittime per creare un centro di accoglienza familiare (“Centre d’Accueil des Familles” - CAF), che funziona come un unico luogo fisico in cui vittime e familiari ricevono informazioni sui loro diritti e questioni procedurali sui vari servizi di supporto e assistenza riabilitativa a loro disposizione. Negli ultimi 4 anni questi ‘CAF’ francesi hanno accolto oltre 700 vittime e sopravvissuti di attentati.

Nella situazione italiana, tutto appare non solo retaggio dei faticosi decenni occorsi alle vittime del terrorismo per aver riconosciuti i loro primi diritti nel 2004, con la legge n. 206, ma è oltremodo paradossale alla luce del fatto che in Parlamento giace proprio una proposta di legge, la n. 2935, di riforma di quella legge del 2004 e anche il quel testo è assente il recepimento della Direttiva.

Insomma, il disinteresse del côté politico è inversamente proporzionale all’interesse di chi nella società civile si occupa di vittime, giustizia e riabilitazione psicosociale. Eppure l’utilità fondamentale di avere un pronto intervento che informi e supporti le vittime, i superstiti e i loro familiari, risiede nella necessità di una cura che quanto prima è avviata, quanto più evita un aggravarsi del quadro psico-traumatico e psicosociale dei soggetti coinvolti in un attentato terroristico. La letteratura scientifica in materia conferma, cioè, l’utilità di un tale diritto europeo.

Chissà che Mattarella o qualche "responsabile" in Parlamento non abbia voglia di spendere qualche parola in supplenza di quelle omesse dal resto dei decisori politici italiani? Del resto “il prezzo dell’odio e dell’intolleranza” si può risarcire proprio garantendo i diritti alle vittime di odio e intolleranza.