martedì 20 settembre 2011

Le vittime del terrorismo dalla Clinton








Il segretario di Stato Hillary Clinton presenterà ufficialmente alle delegazione di 29 paesi, più l’Unione Europea, la sua nuova strategia nella lotta al terrorismo in occasione del lancio del Global Counter-terrorism Forum (GCTF), giovedì a New York. I blog conservatori americani parlano ironicamente di strategia del bastone e della carota. Quelli filoisraeliani, invece, segnalano assai preoccupati la presenza della Turchia e l’assenza di Israele.
C’è, in ogni caso, un aspetto promettente. E’ la presenza dei rappresentanti della società civile nelle delegazioni dei ministeri degli esteri: le vittime del terrorismo che sono chiamate non solo a commemorare il decennale degli tragici attentati dell’11 settembre 2001, ma forse anche coprire un ruolo – per la prima volta riconosciuto ad un così alto livello – nella lotta al terrorismo. Quella lotta che la ricercatrice Agata Serranò, definisce "razionale". Condotta cioè con "le armi dello stato di diritto", conservando quanto più possibile le libertà individuali e fondamentali. Fornendo, appunto, un ruolo determinate alla società civile e alle vittime.
Un ruolo che risiede non solo più nel valore civile rappresentato dai caduti per terrorismo, ma altresì nella capacità narrativa dei familiari, dei sopravvissuti e di tutti i testimoni ‘positivi’ dei fatti. Sono tutti vittime portatrici di storie, il cui complesso assume un valore culturale di contro-narrativa rispetto a quella che alberga neila propaganda degli estremismi violenti.
Rimando alla pagina Aiviter ulteriori considerazioni:sulla “diplomazia dellevittime”.

domenica 11 settembre 2011

Vittime del terrorismo con poca verità in Usa come altrove


La vedova di Richard S. Gabrielle, Monica è intervista oggi da La Stampa.
E' assai interessante soprattutto per un punto: il fatto di essere stata una portavoce delle vittime dell'11/9. Per la sua delusione dopo anni di battaglie che non hanno condotto a nulla, in termini di verità.

Diventata attivista perché "ho pensato che l'unica maniera per ricordare e onorare Richard fosse scoprire la verità", oggi non parteciperà alle celebrazioni a Ground Zero, dove il nuovo WTO sorgerà insieme al Memoriale e al Museo dedicati agli attentati dell'11 settembre.
Le verità non dette sono quelle che riguardano le responsabilità di chi non ha prevenuto l'attacco e di chi non ha garantito la sicurezza degli edifici crollati.

Il solito pressappochismo giornalistico ha evitato di approfondire un minimo quelle che sono state le battaglie condotte da Monica Gabrielle. Lo avesse fatto, l'intervistatore avrebbe scoperto che Monica, con altre vedove, è stata quasi sola, nel 2007, a condurre una battaglia di trasparenza per la pubblicazione del rapporto dell'Ispettore generale della CIA sugli errori dell'agenzia in relazione all'11/9. "Quando è stato completato nel mese di agosto del 2005, Newsweek e altre pubblicazioni riferirono che conteneva critiche taglienti all'ex direttore della CIA George Tenet e altri funzionari di alto grado del agenzia per non avere fatto fronte alla minaccia rappresentata da Al Qaeda, così come altri errori che avrebbero potuto impedite gli attacchi." (Si veda il documentario Out of the Ashes: 9/11)

In USA, come in Italia, e in ogni angolo del mondo, le vittime del terrorismo si trovano sempre di fronte al segreto di Stato, alla riservatezza per ragioni di sicurezza nazionale. Restando così senza verità o con verità parziali.
Il loro rapporto con lo Stato, come già suggerito nel mio intervento a Bruxelles per la Giornata Europea delle Vittime del Terrorismo è sempre per lo meno disagiato. Lo Stato ha la coda di paglia per le sue responsabilità nella mancata prevenzione e nella copertura, se non depistaggio, di quanto è connesso alle sue "ragioni", cioè alle sue più profonde politiche interne ed internazionali. Le vittime sono i soggetti della società civile più avverti della ambiguità dello Stato perché è loro dovere, verso i loro cari ammazzati, cercare di capire, cioè seguire i processi, le commissioni, le notizie.

Così capita oggi a New York, come nelle occasioni delle commemorazioni ufficiali in tutto il mondo, che il parente della vittima abbia ben poca voglia di andare "ad abbracciare qualche autorità".

domenica 4 settembre 2011

Migrante nostro




Migrante nostro from Luca Guglielminetti on Vimeo.

Gianmarco Giuliana è il ragazzo che ha avuto l'idea di "riscrivere" il Padre Nostro durante il primo campeggio per i Diritti Umani a Lampedusa di Amnesty International al quale ha partecipato, dal 23 al 30 luglio, con Helena Caruso, la coaurice del testo.Una testimonianza "creativa", dunque, della realtà in cui si sono trovati nell'isola con i C.I.E., i Centri di Identificazione ed Espulsione, e con le storie di migranti ivi sbarcati assurte questa estate a tragica cronaca sui media internazionali.Travato il testo su un blog, abbiamo cercato un immagine e curato la veste grafica. Dopo una prima versione fotografica, qui il video con il testo definitivo licenziato dagli autori.

sabato 3 settembre 2011

Terrorismo tra Stato di Diritto e Ragion di Stato

Nella polemica sul caso Battisti, il Presidente Napolitano nella lettera di ringraziamento all’ex giudice istruttore di Milano Giuliano Turone, che gli aveva spedito il suo libro «Il caso Battisti» appena uscito per Garzanti, ha aggiunto  un tassello cruciale per sgombrare i tanti equivoci sul terrorismo italiano cui molto ha contribuito la gauche caviar francese, ma non solo: «L’Italia condusse quella lotta nella piena osservanza delle regole di uno stato di diritto». Si tratta di indiretta risposta all'accusa giunta dall'ultima intervista brasiliana dell'ex leader dei PAC: "Non posso pentirmi di ciò che non ho commesso. Mi accusano di omicidi i cui responsabili sono stati arrestati e torturati"

Si ripete, così, qualcosa di analogo a quando iniziò il processo agli agenti nei Nocs, coinvolti nella liberazione del generale della Nato James Lee Dozier (27 gennaio 1983), sequestrato dalla Brigate Rosse il 17 dicembre del 1982, accusati di aver aver poi seviziato alcuni terroristi. Il Presidente Sandro Pertini, parlando come presidente del Csm, disse : "Torna a onore dei magistrati italiani che da noi non è successo quanto è accaduto in altri Paesi. L'Italia è un esempio grande perché noi abbiamo combattuto il terrorismo usando la legge e la democrazia. La requisitoria del pubblico ministero del processo che è in corso a Padova contro gli agenti dei Nocs è una requisitoria nobilissima perché lascia intendere che quella requisitoria gli costava moltissimo dal momento che doveva giudicare gli uomini che avevano liberato Dozier, i quali - dopo - avevano violato la legge. Di fronte a questo, la magistratura non ha esitato ed è questo un atto di estrema giustizia. Mi chiedo qual è la Nazione capace di dare un simile esempio?".
Per la precisione, la sconfitta del terrorismo è passata per le maglie della legislazione premiale. Una legislazione, quindi, come sostenuto da Napolitano e Pertini, "nello stato di diritto" e "usando la legge e la democrazia".
Una legislazione premiale, però, la cosiddetta legge sui pentiti, così commentata nel 1982 da Leonardo Sciascia: “Mi pare che il Parlamento, votando questa legge, si metta sotto i piedi sia i principi morali, sia il diritto”.
Una legislazione premiale che, ha insinuato l'ex Br Franceschini, nasceva dalla necessità di fornire una via di fuga agli infiltrati dallo Stato nelle organizzazioni terroristiche.
Una legislazione premiale che, forse, travalicava i confini stessi dei termini della legge specifica per estendersi alle necessità della ragion di Stato, come quando è stato permesso a Giuliana Conforto di passare indenne dai processi anche se trovarono in casa sua la pistola Skorpion che aveva ucciso Aldo Moro, per citare un solo caso (ben ricostruito da Miguel Gotor nel 'Memoriale della Repubblica', pagg. 413-414).

Un lotta, quella al terrorismo, che si può ammettere, quasi per sua natura, non possa che risiedere sopra un incerto crinale tra stato di diritto e mezzi, se non illegali, almeno non trasparenti, dettati da ragion di Stato, cioè ragioni di sicurezza nazionale. Un crinale tale, in ogni caso, da rendere sempre assai incerto per i familiari delle vittime del terrorismo conoscere il motivo della morte dei loro cari. Ponendo interrogativi che certo non riguardano solo le vittime, ma tutta la cosiddetta società civile.