domenica 11 settembre 2011

Vittime del terrorismo con poca verità in Usa come altrove


La vedova di Richard S. Gabrielle, Monica è intervista oggi da La Stampa.
E' assai interessante soprattutto per un punto: il fatto di essere stata una portavoce delle vittime dell'11/9. Per la sua delusione dopo anni di battaglie che non hanno condotto a nulla, in termini di verità.

Diventata attivista perché "ho pensato che l'unica maniera per ricordare e onorare Richard fosse scoprire la verità", oggi non parteciperà alle celebrazioni a Ground Zero, dove il nuovo WTO sorgerà insieme al Memoriale e al Museo dedicati agli attentati dell'11 settembre.
Le verità non dette sono quelle che riguardano le responsabilità di chi non ha prevenuto l'attacco e di chi non ha garantito la sicurezza degli edifici crollati.

Il solito pressappochismo giornalistico ha evitato di approfondire un minimo quelle che sono state le battaglie condotte da Monica Gabrielle. Lo avesse fatto, l'intervistatore avrebbe scoperto che Monica, con altre vedove, è stata quasi sola, nel 2007, a condurre una battaglia di trasparenza per la pubblicazione del rapporto dell'Ispettore generale della CIA sugli errori dell'agenzia in relazione all'11/9. "Quando è stato completato nel mese di agosto del 2005, Newsweek e altre pubblicazioni riferirono che conteneva critiche taglienti all'ex direttore della CIA George Tenet e altri funzionari di alto grado del agenzia per non avere fatto fronte alla minaccia rappresentata da Al Qaeda, così come altri errori che avrebbero potuto impedite gli attacchi." (Si veda il documentario Out of the Ashes: 9/11)

In USA, come in Italia, e in ogni angolo del mondo, le vittime del terrorismo si trovano sempre di fronte al segreto di Stato, alla riservatezza per ragioni di sicurezza nazionale. Restando così senza verità o con verità parziali.
Il loro rapporto con lo Stato, come già suggerito nel mio intervento a Bruxelles per la Giornata Europea delle Vittime del Terrorismo è sempre per lo meno disagiato. Lo Stato ha la coda di paglia per le sue responsabilità nella mancata prevenzione e nella copertura, se non depistaggio, di quanto è connesso alle sue "ragioni", cioè alle sue più profonde politiche interne ed internazionali. Le vittime sono i soggetti della società civile più avverti della ambiguità dello Stato perché è loro dovere, verso i loro cari ammazzati, cercare di capire, cioè seguire i processi, le commissioni, le notizie.

Così capita oggi a New York, come nelle occasioni delle commemorazioni ufficiali in tutto il mondo, che il parente della vittima abbia ben poca voglia di andare "ad abbracciare qualche autorità".

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