mercoledì 30 novembre 2011

Arte e società: Sgarbi e la Faranda


E’ noto che l’arte contemporanea, o “tardo moderna” per qualcuno, o “post moderna” per qualcun altro, non si fonda sul giudizio dell’opera d’arte ma sulla soggettività dell’artista che l’ha eseguita/prodotta/allestita. Il sacro nell’arte risiede oggi nell’individualità, unicità di chi la produce e che solo successivamente si traduce nell’opera. L’iter è semplice. Un volta che la critica ufficiale definisce una persona, come artista, in quel momento le sue opere, dal nulla che erano, diventano artistiche.

Capita così che le fotografie della ex terrorista Adriana Faranda, militante delle Brigate rosse che partecipò al sequestro di Aldo Moro, una volta che il critico Vittorio Sgarbi le promuove inserendole tre le opere di 600 artisti della mostra che si terrà a Torino Esposizioni dal 19 dicembre al 31 gennaio, a ideale conclusione della Biennale di Venezia, ecco che la Faranda diventa da ex terrorista, artista.
Il miracolo alchemico si compie in un breve frasetta: Ecco le parole del noto critico:
“…la includo perché è una ex terrorista o la escludo perché è una ex terrorista? Niente di tutto questo. La includo perché, come artista, è al di sopra della soglia dell'esistenza”.
Il trucco semantico è in tutto in quel “come artista”.
Come artista si eleva al di sopra di tutto. Un po’ come è capitato a Cesare Battisti nelle Ville lumiere: se è un romanziere, è prima un artista: status che assolve tutte le responsabilità precedenti. Lo status "sacro" di artista determina insomma un risultato analogo a quello che dell’indulgenza di Sacra Romana Chiesa.

In questo caso la dote artistica di ergersi “al di sopra della soglia dell'esistenza” attribuita da Sgarbi alla Faranda assume una sfumatura assai macabra, visto che il soggetto in questione ha contribuito a porre altri, diciamo, al di sotto della loro soglia di esistenza... loro malgrado!


Abbiamo detto dell'alchimia per diventare artisti. L'investimento del critico sul soggetto che, tramite un processo di iniziazione "come artista", trasforma le di lui opere in arte. Sappiamo che esistono la magia nera e bianca. Ma nel caso di Vittorio Sgarbi abbiamo un novello risultato con Adriana Faranda: l'opera al rosso, per parafrasare il romanzo della Yourcenar dedicato all'alchemico Zenone.

L'opera più facile da reperire in rete, e presente come immagine del profilo nello stessa pagina su MySpace della Faranda si intitola "Rosso malinconia".
Parafrasando le parole dello Zenone della Yourcenar: "Mi sono guardato bene dal fare di me un idolo…", nell'immagine digitale dell'ex terrorista abbiamo invece proprio un idolo con la faccia di bronzo in primo piano sulla sfondo di farfalle, facile metafora della sua biografia (Il volo della farfalla), nella luce rossastra del passato. 

La malinconia per la militanza non potrebbe essere più esplicita; la metafora del colore non potrebbe essere più banale. La cosa essenziale è che si manifesta perfettamente la coincidenza tra vita e opera: quest'ultima non comunica altro che narcisa autobiografia. 
E' quindi la vita di Adriana Faranda a farsi opera d'arte attraverso le sue fotografie/immagini digitali. Proprio questo aspetto, insito nell'arte contemporanea, determina che l'etica non sia estranea all'artista, come poteva esserlo invece nell'arte del passato. Qui giace la responsabilità del critico nel far assurgere la vita di un individuo a simbolo valoriale nella sfera dell'arte e quella delle amministrazioni pubbliche nel fornire il loro sostegno logistico ed organizzativo, e forse finanziario, all'evento.

lunedì 14 novembre 2011

Narrazioni contro il terrore




Conferenza Europea Aiviter: "Narrazioni contro il terrore. La voce delle vittime europee del terrorismo: problemi e sfide"

Scopo del Convegno è quello, da una parte, di comprendere quale è – a livello Europeo – il corpus di prodotti editoriali, audiovisivi e multimediali che contengono la “la voce delle vittime del terrorismo”, dall’altra, capire come valorizzarne la funzione di contro-narrativa di segno opposto a quella della propaganda estremista/terrorista.

In sintesi si tratta capire come sia possibile far assurgere alla testimonianza delle vittime del terrorismo un ruolo analogo a quella che le vittime e i sopravvissuti alla persecuzione ed ai campi di concentramento hanno svolto nel secondo dopoguerra nella costruzione di una identità europea antitotalitaria (pensiamo a Primo Levi). Oggi una identità antifondamentalista che a livello europeo contrasti e delegittimi la propaganda fondamentalista, passa per la narrazione delle vittime del terrorismo, per la diffusione di queste narrazioni e di questo patrimonio di valori universali.
Così come alla base dei diversi terrorismi ci sono fenomeni di radicalizzazione di natura diversa (politica, religiosa, etnica, sociale..) che con la loro propaganda investono, attraverso i nuovi media come Internet, migliaia di giovani con i loro messaggi di odio, di violenza, di intolleranza, di disperazione; allora, è possibile definire un ruolo primario delle vittime, nella lotta al terrorismo, quello di contrastare tale propaganda con le loro voci, le loro storie e le loro testimonianze.
Diffondendo il più possibile le storie delle vittime dirette, dei sopravvissuti, dei familiari, delle organizzazioni istituzionali ed accademiche a loro vicine è possibile costruire una “contro-narrativa” portatrice di valori alternativi: di dialogo, di pace, di non-violenza, di rispetto, atti a fornire maggiore consapevolezza e pensiero critico, in particolare tra i giovani.

La diffusione di questa voce in verità fatica però ad affermarsi. Quali sono i problemi e le sfide di questa narrazione?



Intervento d'apertura del Presidente Aiviter, Avv. Dante Notaristefano, al convegno europeo di Torino del 4 novembre 2011 "Narrazioni contro il terrore. La voce delle vittime europee del terrorismo: problemi e sfide".

Intervento di Giovanni Fasanella nella 3a tavola rotonda moderata da Luciano Borghesan


 
  Anatomia delle Brigate Rosse. Intervento del prof. Alessandro Orsini from Kore on Vimeo.
Torino 4 novembre 2011
Conferenza Europea Aiviter: "Narrazioni contro il terrore.
La voce delle vittime europee del terrorismo: problemi e sfide"
Intervento del prof. Alessandro Orsini dell'Università di Tor Vergata

More Info:
https://www.vittimeterrorismo.it/iniziative/convegno-europeo-a-torino-il-4-e-5-novembre-2011/

mercoledì 19 ottobre 2011

Il soldato Shalid e le vittime stupide di Yehoshua


ABRAHAM YEHOSHUA su "La Stampa" di ieri nella disamina delle diverse posizioni in campo della opinione pubblica israeliana sullo scambio tra il soldato Gilad Shalit con mille prigionieri palestinesi, dimentica un particolare che denota un deficit assai tipico degli intellettuali di sinistra.

Suddivide gli oppositori allo scambio in tre categorie, in merito alla prima sostiene "è composta da coloro che vedono nei prigionieri palestinesi criminali assassini che non meritano il perdono e il cui rilascio sarebbe un errore sia da un punto di vista legale che morale nonché un terribile colpo per i parenti delle vittime innocenti. Tali persone sarebbero quindi inevitabilmente disposte a far sì che il prigioniero rimanga in mano ai suoi carcerieri. C’è da dire che benché questa presa di posizione non sia molto comune ha comunque alcuni sostenitori anche fra chi non appartiene ai circoli della destra."

Arnold et Frimet Roth, non credo facciano parte dei circoli di destra. Ho consciuto Arnold un paio di anni fa a Parigi in occasione di un convegno internazionale organizzato da associazioni vicino a posizione trozkiste, ma assai sensibili al problema del terrorismo e delle sue vittime. I due coniugi hanno fondato in Israele "the Malki Foundation": una fondazione che si occupa di bambini disabili dedicata a loro figlia uccisa in un attentato al ristorante "Sbarro" di Gerusalemme. Malka Roth aveva 15 anni, quando il 9 agosto 2001 un palestinese ha innescato la sua cintura esplosiva nella pizzeria nel centro di Gerusalemme. Malka è morta sul colpo, insieme ad altre 14 persone, mentre oltre 100 rimasero gravemente feriti. L'attentatore è morto anche nell'esplosione. Ma Ahlam Tamimi, il palestinese travestito da turista che ha portato la bomba nel ristorante affollato fu arrestato. Ed ora è nella lista dei palestinesi rilasciati.

Così Arnold non può che dire a tutto il mondo le seguenti parole: "Le vittime del terrorismo meritano giustizia -dice con calma Arnold Roth- Siamo naturalmente, come tutti gli altri, felici che Gilad Shalit ritorni a casa. Ma ci dimentichiamo che il suo rilascio è solo una piccola parte di una storia molto più grande in cui le vittime vengono dimenticate. Abbiamo l'impressione di essere presi per stupidi".

Anche ABRAHAM YEHOSHUA le prende per stupide.

Le vittime non possono scivolare in secondo piano: non possono essere considerate, né da un governo, men che meno da un uomo di pensiero, un target marginale. Le vittime sono la parte della società civile che in modo assolutamente casuale viene colpita a morte da un atto di terrore rivolto contro lo Stato in cui vivevano.

Se lo Stato vuole dimenticarle, per un atto simbolico verso il suo esercito, o verso un solo cittadino-militare, è liberissimo di farlo, ma deve sapere che lo fa minando la coesione sociale tra i suoi cittadini. Questo, un intellettuale dovrebbe capirlo: questo è il defcit di cui sopra. Il suo compito sarebbe sollevare la contraddizione e la dimensione tragica del dilemma posta dalla situazione. In certi casi, cioè, semplicemente non ci si schierare, come ha insegnato Albert Camus proprio in merito ad un altro terrorismo: quello algerino.

martedì 20 settembre 2011

Le vittime del terrorismo dalla Clinton








Il segretario di Stato Hillary Clinton presenterà ufficialmente alle delegazione di 29 paesi, più l’Unione Europea, la sua nuova strategia nella lotta al terrorismo in occasione del lancio del Global Counter-terrorism Forum (GCTF), giovedì a New York. I blog conservatori americani parlano ironicamente di strategia del bastone e della carota. Quelli filoisraeliani, invece, segnalano assai preoccupati la presenza della Turchia e l’assenza di Israele.
C’è, in ogni caso, un aspetto promettente. E’ la presenza dei rappresentanti della società civile nelle delegazioni dei ministeri degli esteri: le vittime del terrorismo che sono chiamate non solo a commemorare il decennale degli tragici attentati dell’11 settembre 2001, ma forse anche coprire un ruolo – per la prima volta riconosciuto ad un così alto livello – nella lotta al terrorismo. Quella lotta che la ricercatrice Agata Serranò, definisce "razionale". Condotta cioè con "le armi dello stato di diritto", conservando quanto più possibile le libertà individuali e fondamentali. Fornendo, appunto, un ruolo determinate alla società civile e alle vittime.
Un ruolo che risiede non solo più nel valore civile rappresentato dai caduti per terrorismo, ma altresì nella capacità narrativa dei familiari, dei sopravvissuti e di tutti i testimoni ‘positivi’ dei fatti. Sono tutti vittime portatrici di storie, il cui complesso assume un valore culturale di contro-narrativa rispetto a quella che alberga neila propaganda degli estremismi violenti.
Rimando alla pagina Aiviter ulteriori considerazioni:sulla “diplomazia dellevittime”.

domenica 11 settembre 2011

Vittime del terrorismo con poca verità in Usa come altrove


La vedova di Richard S. Gabrielle, Monica è intervista oggi da La Stampa.
E' assai interessante soprattutto per un punto: il fatto di essere stata una portavoce delle vittime dell'11/9. Per la sua delusione dopo anni di battaglie che non hanno condotto a nulla, in termini di verità.

Diventata attivista perché "ho pensato che l'unica maniera per ricordare e onorare Richard fosse scoprire la verità", oggi non parteciperà alle celebrazioni a Ground Zero, dove il nuovo WTO sorgerà insieme al Memoriale e al Museo dedicati agli attentati dell'11 settembre.
Le verità non dette sono quelle che riguardano le responsabilità di chi non ha prevenuto l'attacco e di chi non ha garantito la sicurezza degli edifici crollati.

Il solito pressappochismo giornalistico ha evitato di approfondire un minimo quelle che sono state le battaglie condotte da Monica Gabrielle. Lo avesse fatto, l'intervistatore avrebbe scoperto che Monica, con altre vedove, è stata quasi sola, nel 2007, a condurre una battaglia di trasparenza per la pubblicazione del rapporto dell'Ispettore generale della CIA sugli errori dell'agenzia in relazione all'11/9. "Quando è stato completato nel mese di agosto del 2005, Newsweek e altre pubblicazioni riferirono che conteneva critiche taglienti all'ex direttore della CIA George Tenet e altri funzionari di alto grado del agenzia per non avere fatto fronte alla minaccia rappresentata da Al Qaeda, così come altri errori che avrebbero potuto impedite gli attacchi." (Si veda il documentario Out of the Ashes: 9/11)

In USA, come in Italia, e in ogni angolo del mondo, le vittime del terrorismo si trovano sempre di fronte al segreto di Stato, alla riservatezza per ragioni di sicurezza nazionale. Restando così senza verità o con verità parziali.
Il loro rapporto con lo Stato, come già suggerito nel mio intervento a Bruxelles per la Giornata Europea delle Vittime del Terrorismo è sempre per lo meno disagiato. Lo Stato ha la coda di paglia per le sue responsabilità nella mancata prevenzione e nella copertura, se non depistaggio, di quanto è connesso alle sue "ragioni", cioè alle sue più profonde politiche interne ed internazionali. Le vittime sono i soggetti della società civile più avverti della ambiguità dello Stato perché è loro dovere, verso i loro cari ammazzati, cercare di capire, cioè seguire i processi, le commissioni, le notizie.

Così capita oggi a New York, come nelle occasioni delle commemorazioni ufficiali in tutto il mondo, che il parente della vittima abbia ben poca voglia di andare "ad abbracciare qualche autorità".

domenica 4 settembre 2011

Migrante nostro




Migrante nostro from Luca Guglielminetti on Vimeo.

Gianmarco Giuliana è il ragazzo che ha avuto l'idea di "riscrivere" il Padre Nostro durante il primo campeggio per i Diritti Umani a Lampedusa di Amnesty International al quale ha partecipato, dal 23 al 30 luglio, con Helena Caruso, la coaurice del testo.Una testimonianza "creativa", dunque, della realtà in cui si sono trovati nell'isola con i C.I.E., i Centri di Identificazione ed Espulsione, e con le storie di migranti ivi sbarcati assurte questa estate a tragica cronaca sui media internazionali.Travato il testo su un blog, abbiamo cercato un immagine e curato la veste grafica. Dopo una prima versione fotografica, qui il video con il testo definitivo licenziato dagli autori.

sabato 3 settembre 2011

Terrorismo tra Stato di Diritto e Ragion di Stato

Nella polemica sul caso Battisti, il Presidente Napolitano nella lettera di ringraziamento all’ex giudice istruttore di Milano Giuliano Turone, che gli aveva spedito il suo libro «Il caso Battisti» appena uscito per Garzanti, ha aggiunto  un tassello cruciale per sgombrare i tanti equivoci sul terrorismo italiano cui molto ha contribuito la gauche caviar francese, ma non solo: «L’Italia condusse quella lotta nella piena osservanza delle regole di uno stato di diritto». Si tratta di indiretta risposta all'accusa giunta dall'ultima intervista brasiliana dell'ex leader dei PAC: "Non posso pentirmi di ciò che non ho commesso. Mi accusano di omicidi i cui responsabili sono stati arrestati e torturati"

Si ripete, così, qualcosa di analogo a quando iniziò il processo agli agenti nei Nocs, coinvolti nella liberazione del generale della Nato James Lee Dozier (27 gennaio 1983), sequestrato dalla Brigate Rosse il 17 dicembre del 1982, accusati di aver aver poi seviziato alcuni terroristi. Il Presidente Sandro Pertini, parlando come presidente del Csm, disse : "Torna a onore dei magistrati italiani che da noi non è successo quanto è accaduto in altri Paesi. L'Italia è un esempio grande perché noi abbiamo combattuto il terrorismo usando la legge e la democrazia. La requisitoria del pubblico ministero del processo che è in corso a Padova contro gli agenti dei Nocs è una requisitoria nobilissima perché lascia intendere che quella requisitoria gli costava moltissimo dal momento che doveva giudicare gli uomini che avevano liberato Dozier, i quali - dopo - avevano violato la legge. Di fronte a questo, la magistratura non ha esitato ed è questo un atto di estrema giustizia. Mi chiedo qual è la Nazione capace di dare un simile esempio?".
Per la precisione, la sconfitta del terrorismo è passata per le maglie della legislazione premiale. Una legislazione, quindi, come sostenuto da Napolitano e Pertini, "nello stato di diritto" e "usando la legge e la democrazia".
Una legislazione premiale, però, la cosiddetta legge sui pentiti, così commentata nel 1982 da Leonardo Sciascia: “Mi pare che il Parlamento, votando questa legge, si metta sotto i piedi sia i principi morali, sia il diritto”.
Una legislazione premiale che, ha insinuato l'ex Br Franceschini, nasceva dalla necessità di fornire una via di fuga agli infiltrati dallo Stato nelle organizzazioni terroristiche.
Una legislazione premiale che, forse, travalicava i confini stessi dei termini della legge specifica per estendersi alle necessità della ragion di Stato, come quando è stato permesso a Giuliana Conforto di passare indenne dai processi anche se trovarono in casa sua la pistola Skorpion che aveva ucciso Aldo Moro, per citare un solo caso (ben ricostruito da Miguel Gotor nel 'Memoriale della Repubblica', pagg. 413-414).

Un lotta, quella al terrorismo, che si può ammettere, quasi per sua natura, non possa che risiedere sopra un incerto crinale tra stato di diritto e mezzi, se non illegali, almeno non trasparenti, dettati da ragion di Stato, cioè ragioni di sicurezza nazionale. Un crinale tale, in ogni caso, da rendere sempre assai incerto per i familiari delle vittime del terrorismo conoscere il motivo della morte dei loro cari. Ponendo interrogativi che certo non riguardano solo le vittime, ma tutta la cosiddetta società civile.

giovedì 18 agosto 2011

Infine l'elenco delle vittime italiane dell'11/9


Ad inizio anno, nel post LUCI ED OMBRE SUI NOMI DELLE VITTIME ITALIANE DELL’11/9 , e poi ancora nell'intervisa rilasciata a marzo a La Stampa, "Fratelli d'Italia uccisi dal terrorismo internazionale", si segnalava la vergogna dell'omissione di una lista dei cittadini italiani o di origine italiana, periti negli attentati delle Torri Gemelle a New York nel 2001. Un silenzio sui loro nomi iniziato subito dopo gli attentati, che è continuato per anni nell'indifferenza generale, soprattutto dei media. Unica eccezione l'inaugurazione, al Consolato Italiano di New York, nel 2007 di una targa commemorativa, ma come si può vedere in questo video, l'elenco delle vittime era ancora incompleto...

Il Consolato Italiano della Grande Mela, attraverso il suo gentile Console, Laura Aghilarre, ha fornito in questi giorni all'Associazione Italiana Vittime del Terrorismo (Aiviter)  l' elenco finale delle 173 vittime, curato e aggiornato sempre da Giulio Picolli, la stessa persona che nel video si assumeva la paternità della lista dei nomi.
C'è  da augurarsi che in occasione del decennale dell'11/9, che cade quest'anno tra meno di un mese, i nomi di questi "fratelli d'Italia" possano risuonare alto in giro per il nostro Paese.