venerdì 12 aprile 2019

TERRORISMO. Vittime contesti e resilenza

Copertina della monografia dei Quaderni di Psicologia dell’emergenza editi da EDUCatt

TERRORISMO. Vittime contesti e resilienza 

(di prossima pubblicazione) 

 

INDICE
  • PSICOLOGIA DEL TERRORISMO: ACCANTO AI SOPRAVVISSUTI
  • TERRORISMO, GUERRA PSICOLOGICA E PSICOLOGIA PER LA PACE (Fabio Sbattella) 
  • LA RADICALIZZAZIONE PACIFICA DELLE VITTIME DEL TERRORISMO (Luca Guglielminetti) 
  • A CONTATTO CON LE VITTIME (Maria Teresa Fenoglio)
  • L’ATTENTATO TERRORISTICO AL MUSEO DEL BARDO A TUNISI, SOSTEGNO ALLE VITTIME E RESILIENZA COMUNITARIA (Maria Teresa Fenoglio)
  • ORGANIZZARE RESILIENZA: PROFESSIONI IN CAMPO (Tiziana Celli) 
  • LA PAURA NELLE MENTI: GLI INCIDENTI DI PIAZZA SAN CARLO A TORINO (Maria Teresa Fenoglio)
  • BIBLIOGRAFIA

(anteprima)
PSICOLOGIA DEL TERRORISMO: ACCANTO AI SOPRAVVISSUTI (Fabio Sbattella)

Riprende, con questo testo, la pubblicazione dei Quaderni di Psicologia dell’Emergenza. Si tratta di un progetto scientifico e culturale promosso dall’Unità di Ricerca in Psicologia dell’Emergenza (1), una struttura universitaria impegnata da anni nella formazione, nella ricerca scientifica e anche nella realizzazione di progetti operativi sul campo.
Obiettivo della collana è quello di mettere a disposizione concetti, conoscenze e metodologie efficaci per i professionisti, per gli studenti in formazione, per la comunità scientifica e più in generale per tutti coloro che sono impegnati in quelle operazioni di prevenzione, soccorso e ricostruzione che sono legate ad incidenti singoli, disastri complessi e catastrofi (Sbattella 2009).
Si tratta dunque di un servizio culturale e scientifico, radicato nel mondo delle idee, ma nello stesso tempo fortemente orientato al lavoro operativo e professionale sul campo. Senza opportune mappe concettuali, il “fare” che caratterizza ogni emergenza rischia, infatti, di trasformarsi in un insieme di acting out ciechi e pericolosi. Senza la possibilità di riflettere, rileggere, ripensare e discutere le esperienze vissute, inoltre, ogni sfida sul campo rimane un’occasione perduta, rispetto alla possibilità di capire qualcosa di più relativamente alla natura dell’Uomo, ai suoi limiti e alle sue potenzialità in contesti estremi. Teoria e pratica dunque, sono intese, in questa prospettiva, come componenti inscindibili dello stesso percorso. Fermarsi dunque per esaminare pericoli, valutare rischi, ascoltare aspettative, ansie e immaginazioni significa “fare” psicologia dell’emergenza in termini di prevenzione, cioè incidere sulla realtà, affinché le emergenze non accadano, oppure affinché i loro danni siano mitigati. Offrire poi strumenti teorici e metodologici per riflettere e comunicare emozioni o complessità, serve a facilitare la formazione umana e professionale, al fine di essere efficaci durante i momenti più caldi delle emergenze sul campo. Infine, offrire parole e gesti adeguati per nominare l’indicibile, condividere le esperienze, rielaborare le memorie traumatiche e aprire speranza al futuro è da noi ritenuto un lavoro essenziale e qualificante per ogni operatore del post emergenza. Prevenire, soccorrere e ricostruire: queste sono in sintesi le tre grandi finalità del lavoro in emergenza. Esse coinvolgono anche la psicologia, sia dal punto di vista teorico che operativo.

Il nostro contributo si sviluppa, in questo settore, nella direzione di esplorare, documentare e comprendere tutti processi psichici che si intrecciano prima durante e dopo ogni emergenza. Processi percettivi, emotivi, mnestici, decisionali, comunicativi e relazionali che permettono ai protagonisti umani di resistere agli eventi avversi o, in alcuni casi, si intrecciano fino a causare quelle sofferenze che alcuni di noi chiamano di interesse clinico. Ci interessa dunque comprendere come la mente ragiona, si attiva e si ferma, si dissocia, si difende o si riorganizza e come decide prima, durante e dopo le crisi, intendendo con questo termine ogni cambiamento ambientale rapido, improvviso e devastante. Ci interessa anche capire come potrebbero funzionare le menti dei diversi attori coinvolti nei differenti contesti emergenziali, se fossero opportunamente sostenute da altre menti, da tecnologie adeguate o habitus mentali e culturali acquisiti ad hoc. In altre parole, la ricerca si apre verso la messa a punto di metodologie di intervento e di formazione innovative, andando al di là della descrizione dell’esistente. La mente umana è protagonista di ogni emergenza in vari modi e a vari livelli. Abbiamo capito in questi anni di ricerca ed intervento che la mente umana non solo “reagisce” (o meglio “risponde”) agli eventi critici generati da un ambiente (naturale o antropico) esterno a sé. In buona parte è proprio lei che definisce le emergenze come tali, le costruisce, le enfatizza o le diffonde. Un’emergenza, infatti, è sempre per noi una condizione psichica, un modo di leggere la realtà di cui si è protagonisti e con la quale strettamente si interagisce (Sbattella e Tettamanzi 2019). Ciò che ci interessa, inoltre, è comprendere e descrivere non solo ciò che accade alla mente individuale, ma anche a quella gruppale e collettiva, alla mente organizzativa e a quella comunitaria. Si tratta di livelli di organizzazione mentale a cui ogni singola persona partecipa in ogni istante e che influenzano ricordi, percezioni, interpretazioni e, ultimamente, anche le scelte operative e i comportamenti di interi gruppi e generazioni.

All’interno di questa prospettiva, il presente testo rappresenta un contributo cruciale. Discutere infatti dei processi psichici che si intrecciano attorno agli eventi drammatici del terrorismo significa affrontare i danni causati intenzionalmente da menti umane sulle menti e sui corpi di altri esseri umani. Come cercheremo di discutere nel primo capitolo, gli atti terroristici costituiscono una categoria molto peculiare dell’ampia gamma di atti violenti e distruttivi di cui l’essere umano è capace. Si tratta di azioni progettate con lucidità e intelligenza, animate da rancore e disprezzo della vita e mirate intenzionalmente a diffondere emozioni negative oltre che morte; finalizzate a sconvolgere intere comunità oltre che uccidere e danneggiare singole persone. Obiettivo di questo quaderno è quello di offrire alcune piste di lettura psicologica di questo fenomeno e nello stesso tempo quello di trarre da queste tragiche esperienze alcune conoscenze importanti sulla mente umana e le sue possibilità.
In linea con le scelte di fondo dell’Unità di ricerca, abbiamo cercato di raccogliere saggi provenienti da due fronti diversi, tra loro complementari. Da un lato vi è la riflessione teorica e la ricerca fenomenologica, dall’altro l’ascolto e l’analisi delle esperienze sul campo.

Il testo si apre così con un capitolo che discute le definizioni di terrorismo come parte delle strategie belliche. Si cercherà di evidenziare, in queste pagine, come l’obiettivo della guerra condotta con strategie terroristiche sia per sua natura mirata a destabilizzare gli equilibri psichici dei singoli e delle comunità, sollecitando reazioni, pensieri ed emozioni potenzialmente disadattativi. In particolare, sarà discusso come le diverse caratteristiche degli atti e delle metodologie terroristiche sviluppino potenzialmente impatti diversi. Tali caratteristiche, di conseguenza, sfidano in modo differenziato gli operatori impegnati nel costruire pace e tutti coloro che sono chiamati a difendere la salute mentale all’interno di contesti conflittuali.
Nel secondo capitolo, Luca Guglielminetti propone alcune riflessioni importanti, maturate come consulente dell’Associazione Italiana Vittime del Terrorismo (Aiviter), come membro del direttivo del Gruppo Italiano di Studio del Terrorismo (GRIST) e del Radicalisation Awareness Network (RAN) della Commissione europea. Si tratta di uno sguardo articolato e innovativo, in grado di collegare episodi e fenomeni diversi tra loro, nella lunga storia del terrorismo. In particolare, esso offre strumenti per connettere la psicologia delle vittime e psicologia dei terroristi. Paura,
vergogna, senso di impotenza, desiderio di rivalsa e di giustizia, possono concatenarsi fino ad alimentare la spirale della violenza. Solo una presa di coscienza forte dei nessi profondi che legano la psicologia dei sopravvissuti a quella dei carnefici può permettere di spezzare i circuiti della violenza. La radicalizzazione pacifica delle vittime del terrorismo viene così presentata come una via costruttiva, da contrapporre ai fenomeni di radicalizzazione violenta, che nutre le fila dei terroristi.
Nel terzo capitolo è riportato il contributo teorico della Prof.ssa Maria Teresa Fenoglio, docente di Psicologia dell’emergenza presso l’Università degli Studi di Torino. Come fa anche Guglielmetti, Fenoglio saggiamente collega i fenomeni più recenti ed eclatanti con le ferite lasciate in Italia dagli anni di piombo: anni di tensione, stragismo e terrorismo. La riflessione sul presente si nutre delle esperienze passate ed in particolare delle molte analisi e dibattiti che è stato possibile sviluppare in anni di contrasto alle strategie del terrore in Italia. Come avviene nel primo capitolo e come accade in realtà in tutto il testo, il focus rimane sulla psicologia delle vittime (dirette ed indirette) e non su quella dei terroristi. Tale è infatti la scelta operata in questa raccolta: comprendere i loro vissuti e bisogni in primo luogo. Fenoglio sviluppa il discorso poi presentando in capitoli successivi due recenti esperienze sul campo e dunque offrendo al lettore la possibilità di esaminare testimonianze di sopravvissuti e case history. Sono così descritti e discussi gli interventi psicologici realizzati a Torino a favore delle vittime e dei familiari dell’attacco al Museo del Bardo e successivamente dei feriti del 3 giugno 2017, in Piazza San Carlo. Due episodi tra loro assai diversi. Nel primo, un gruppo di turisti di 10 nazioni diverse, tra cui un folto gruppo di torinesi, è stato oggetto di uno spietato attacco armato in Tunisia. Nel secondo, una folle enorme e festante ha reagito disperatamente ad un pericolo oscuro, nei giorni successivi a gravi fatti terroristici accaduti in Europa. In entrambi i casi, alcune équipe di psicologi professionisti sono scese in campo, interagendo in modo integrato con le altre forze del soccorso e proponendo metodologie d’intervento diverse. Sono dunque presentate le loro esperienze, evidenziando vissuti emotivi, aspetti organizzativi e tecniche di intervento. Il dramma dell’attacco al museo del Bardo è anche discusso da un altro punto di vista.
Tiziana Celli, psicologa esperta di organizzazioni, discute l’episodio dal punto di vista dell’organizzazione dei soccorsi psicologici. Avendo avuto modo di collaborare direttamente con i colleghi tunisini, l’esperienza descritta permette di avere uno spaccato del modello francese di intervento in questi contesti, nonché una testimonianza internazionale di come il dolore sia pervasivo in ogni contesto culturale. Accanto a riflessioni ed analisi mirate alla realtà tunisina, queste pagine permettono di entrare nei diversi livelli di complessità che ogni dramma umano, internazionale e mediatico porta con sé. Testimonianze e report diretti, consentono nel suo lavoro, come in quello di Fenoglio, di esaminare materiali di prima mano, non solo relativi alle testimonianze dei sopravvissuti, ma anche a quelle dei soccorritori. Anche questi ultimi, infatti, sono parte della psiche collettiva perturbata dall’emergenza. Per quanto più preparati all’impatto di molti comuni cittadini, la disponibilità all’accoglienza empatica, che li caratterizza per statuto, non può non partecipare degli stessi processi psichici in cui sono coinvolte le persone che sono soccorse.

In sintesi dunque, questo testo propone una selezione accurata di contributi qualificati, tra loro strettamente interconnessi. Ci auguriamo che da questa lettura possano nascere ulteriori spunti di discussione e ricerca ed anche linee guida per efficaci interventi formativi e operativi sul campo. La ricca bibliografia che conclude il volume vuole essere una proposta per ulteriori approfondimenti, consapevoli che la ricerca e il dibattito in questo settore non può che essere in continuo sviluppo.

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(1) https://progetti.unicatt.it/progetti-milan-psicologia-dell-emergenza-home;
https://it-it.facebook.com/psicologia.emergenza/

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