Il titolo è assolutamente centrato, ma...
“Albert Camus filosofo del futuro” di Paolo Flores D’Arcais (Codice Edizioni, Torino, 2010) è una sintesi in 30 pagine del pensiero del Premio Nobel, in linguaggio ‘filosofese’. Il “Mito di Sisifo” e “L’uomo in rivolta” sono cioè ricondotti ad un linguaggio che sostituisce la ricchezza di quello originario con le categorie di quello accademico: la vita umana diventa ‘dimensione ontologica’, il senso per la misura diventa ‘finitezza’, tanto per fare due esempi.
Certamente, è corretto presentare Camus, come filosofo del futuro, capace di superare le sacche nichiliste nelle quali è sprofondato il pensiero post-moderno, ma dubito che l’interessato avrebbe apprezzato che il suo pensiero fosse ricondotto ad una specie di prefazione alla sua opera ad uso degli studenti universitari dei corsi di filosofia. Obliterare la ricchezza, in termini di storia, letteratura, mito, di quanto è presente nelle opere originali, temo cagioni un depauperamento troppo grave. Questo, però, probabilmente vale sempre quanto ci si cimenta ad affrontare l’opera di un gigante: si rischia sempre di tradire in qualche modo e, d’altra parte, sarebbe troppo facile limitarsi a dire: leggete Camus (e traetene le conseguenza nelle vostre vite)!
A Madrid due mesi fa, trovai una libreria, neanche centralissima, che aveva allestito la sua vetrina di tutte le opere di Albert Camus. In questo 50° anniversario delle sua scomparsa si è visto talmente poco in Italia (spero che Bompiani si degni almeno di ristampare l’ormai introvabile “Il primo uomo”) che non possiamo non dare il benvenuto a questo breve pamphlet di Paolo Flores D’Arcais e che ha il pregio di contenere in appendice le trascrizioni di una tavola rotonda (Albert Camus et le mensogne) tenutasi a Parigi nel 2002, nella quale spicca il contributo di Alian Finkielkraut (sul rifiuto netto del terrorismo e la presenza delle natura).