Il saggio, come definito nella sua introduzione, intende "analizzare
il conflitto come un macro-testo che «traduce e interpreta altri testi
di una data cultura» (Demaria 2006, p. 55) e che costringe a ridefinire
l’idea, per esempio, di comunità, nazione, identità, guerra o nemico".
Questa
analisi si svolge su alcuni documenti specifici: da una parte, "la
guida spirituale degli attentatori dell’11 settembre, un testo ritrovato
in due copie nella valigia del leader del gruppo terroristico e nella
macchina di uno degli attentatori", quale esempio di "manipolazione
ideologica della memoria culturale" della tradizione islamica; e,
dall'altra, i manifesti pubblici affissi nella metropolitana di Londra a
seguito degli attentati del 7 luglio 2005, per "un’analisi dei
discorsi della sicurezza, cercando di farne emergere la struttura
narrativa, i percorsi valoriali e ideologici e le potenziali derive a
cui essi si prestano perseguendo l’obiettivo di “difendere la società”."
Il
percorso si conclude sul tema della “fine”: come la guerra al terrore
sta “andando a finire” dopo i primi quattro anni di amministrazione
Obama, che hanno cercato di spostare il discorso pubblico dalla guerra
al terrore di Bush, all'apertura verso l'islam che è culminata con la
"primavera araba".
Due punti di questa saggio sono di grande
interesse. Da una parte l'analisi della "guida spirituale" degli
attentatori del 11/9, concepita come una "tecnologia del sé" per
costruire un martire: un soggetto di una entità trascendente, ispirato
dal timor di Dio, cui è offerta la possibilità di diventare a propria
volta origine della paura per gli Occidentali ("la forza dei
credenti consiste nel fatto che sono in condizione e capaci di superare
la propria paura della morte. Con questa assenza di paura un combattente
islamico insegna la paura alla civiltà occidentale", da H.
Kippenberg 2004). Dall'altra, l'analisi delle "deriva paranoica" che
l'apparato di sicurezza costruisce coinvolgendo i cittadini nel
tentativo di prevenire e contrastare nuovi attentati che giunge al
paradosso di stimolare i cittadini ad un atteggiamento paranoico analogo
a quello degli stessi terroristi: tutti a sorvegliarsi reciprocamente.
L'anonimo cittadino invitato a segnalare ogni indizio di pericolo di
attentato finisce per assomigliare al terrorista che a sua volta
sorveglia per cercare di pianificare i suoi attentati.
La
risposta al tema dalla fine, tre anni dopo la scrittura del saggio, è
sotto gli occhi di tutte: le speranza della primavera araba sono state
sostituite dall'incubo del Califfato dell'Is. Il tentativo di Obama di
attenuare la retorica della guerra al terrore favorendo, dopo il
discorso al Cairo "A New Beginnig" nel 2009, "la nuova santa alleanza
tra Mela e Mezzaluna" - quella cioè politico-tecnologica che univa la
nuova amministrazione USA, le aziende tecnologiche che con i loro
hardware portatili e software network and social oriented, e le popolazioni arabe - è fallito.
Oggi
possiamo dire che gli errori precedenti (dai sostegni occidentali ai
vari rais nordafricani alla guerra in Iraq) erano troppo gravidi di
conseguenze per poter agevolare un processo di democratizzazione che
portasse al successo i giovani arabi in rivolta.
L'argine
artificiale al fondamentalismo islamico rappresentato dai regimi di
Mubarak, Gheddafi & c. ha lasciato strascichi tali da non permettere
alle nuove forze di superare la prova della maggioranze nelle prime
libere elezioni che sono seguite. Su tali rivoluzioni, infatti, la
memoria delle vittime islamiste, represse dai vari rais, ha sovrastato
la volontà di modernizzazione, rimasta minoranza.
La possibilità di
giungere ad un post-conflitto nella guerra al terrorismo post 11/9 è
quindi venuta meno: il cambio di narrativa sul mondo mussulmano di Obama
non è bastato. L'eco delle narrazioni della vendetta del gruppo "etnico
vittima" ha di gran lunga sovrastato quello delle parole e dei
propositi del "new beginning" giunte all'orecchio delle nuove
generazioni arabe.
In mezzo a tutto ciò una Europa quasi
immobile, incerta tra gli affanni di una crisi sempre più depressiva e
la paura di trovarsi presto i "mori" alle porte della Spagna.