giovedì 15 marzo 2018

Aldo Moro: il rapporto esemplare tra Stato e vittime del terrorismo

La diretta televisiva dei funerali di Stato di Aldo Moro: qui il video

Quello di cui si parlerà meno in questo quarantesimo anniversario del rapimento e omicidio (16 Marzo - 9 maggio) di Aldo Moro, sarà il 14 maggio 1978: il giorno dei suoi funeriali di Stato.

(...) Nel corso dei 55 giorni che precedettero l’omicidio di Aldo Moro, il tema del rapporto tra politica, media e terroristi aveva per epicentro le lettere dello statista democristiano che i brigasti facevano filtrare ai media. Gli interessi del rapito e della sua famiglia, da una parte, e quelli dello Stato dall’altra, posero stampa e televisioni in una situazione di forte pressione tra le spinte a pubblicare o silenziare tali documenti. Com’è noto le lettere vennero pubblicate, ma furono alimentati dubbi che giunsero fino a mettere in dubbio la lucidità, o a dubitare della sanità mentale del rapito.
Il caso Moro ebbe un epilogo che rende esemplarmente il rapporto tra Stato e vittime, ‘mediato’ da giornali e televisioni. Dopo le aspre vicissitudini dei giorni del rapimento, comprese quelle tra politica, media e familiari dello statista democristiano, la moglie Eleonora ottemperò alle ultime volontà che lo statista aveva espresso nella lettera a Benigno Zaccagnini del 24 aprile 1978: «Per una evidente incompatibilità, chiedo che ai miei funerali non partecipino né Autorità dello Stato né uomini di partito. Chiedo di essere seguito dai pochi che mi hanno veramente voluto bene e sono degni perciò di accompagnarmi con la loro preghiera e con il loro amore» (Moro, 2008). Il risultato fu che la televisione trasmise agli italiani un paradossale funerale di Stato dalla basilica di S. Giovanni in Laterano a Roma alla presenza del Papa, autorità istituzionali e uomini politici, fondato su una duplice assenza: quella della salma di Moro e dei suoi famigliari più stretti.
Il rapimento è una forma di attacco che non si risolve nei pochi minuti di una sparatoria o di un’esplosione, ma dilata il tempo dell’azione terroristica. In quella frazione di tempo si possono osservare dinamiche mediatiche e politiche che hanno, rispetto alla vittima, un carattere parzialmente ‘genuino’ derivante dall’impossibilità di conoscere gli esiti del rapimento. Tale incertezza non rende meno ‘stumentalizzabili’ le vittime, ma, obbligando gli attori politici e sociali a schierarsi sulla strategia di gestione del rapimento, fanno emergere in modo chiaro la visione che ciascuna parte ha delle vittime, del loro valore umano rispetto la Ragion di Stato. (...)
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(da Luca Guglielminetti, La percezione sociale delle vittime del terrorismo, in “Rassegna Italiana di Criminologia”, n.4/2017, Pensa MultiMedia Editore, Lecce, 2017) 
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