venerdì 29 settembre 2023

The Role Of Victims In the Prevention Of Radicalization And Memory Policies

 Seminar under the Spanish Presidency of the Council of the EU. I’ve been panelist in round table on the role of victims in the prevention of radicalization and Memory policies.


Extracts form my speech:

In my experience of a quarter of a century, I have observed how the timing of memorialisation processes have shortened. For decades the victims of the past seasons of terrorism in Italy, Spain, England, Germany and France were removed and forgotten. In Spain the rise of the civic movement known as Espíritu de Ermua, at the end of t of the XX century, is probably the turning point that allowed to change the social perception of the victims of terrorism. In Italy something analogue occurred a few years after, at the beginning of the XXI century. Up until sixteen years ago, most of commemoration activities around terror facts in Europe arose in a bottom-up movement often carried out only by the victims’ organisations. (...)

In the last decades, the sensitivity towards the victims of terrorism on the part of public opinion and decision-makers has increased and the commemoration processes of the most recent attacks, from 9 11, have accelerated. This means, for instance, that some of the US association of victims of September 11, in the space of about ten years, went from dealing with trauma care to peace education in schools, as main goal activity. (…)

The consequences of this acceleration of memorialization, however, are not all positive, especially when the owner of the memory is the state. The 9/11 memorial and museum, inaugurated in New York in 2011, shows how some memorials take advantage of the emotions fear and anxiety “to persuade Americans to support government policy that appear to provide security” (Erica Doss, 2010, pp. 146–148). The alternative approach by the Norwegian government to design memorial sites a few months after the attacks in Oslo and Utoya, is rather paradigmatic: the discussion brought to no conclusion or consensus and the plan was abandoned, but in 2005, the local authority of Olso, and then the Ministry of Education, created a Centre that is a learning space that works with the mediation of memory and knowledge about the terror attacks. That’s exactly have sense: beyond commemoration, as an official “duty of memory” carried out top-down by the states, memorial centers or museums should be an open forum in an always ongoing work in progress. The only way to avoid that the conflict memory may be exploited by the political agora, creating polarization, and to allow the development of both prevention (PVE) and historicization activities.





venerdì 8 settembre 2023

L'imam di Birmingham, lapidazione e radicalizzazione

Contro l'imam di Birmingham un'indagine e fondi bloccati. Ma l'Islam radicale spaventa meno il Regno Unito. 

 Qualche mia battuta in questo articolo dell Huffpost sul caso dell'imam di Birmingham e la lapidazione delle adultere. “Il Regno Unito è stato uno dei primi Paesi ad attivare una strategia a livello nazionale di contrasto alla radicalizzazione dopo gli attentati del 7 luglio 2005 alla metro e ai bus di Londra”, spiega il referente del Radicalisation Awareness Network (RAN) della Commissione Ue, Luca Guglielminetti, “ovviamente, la percezione di questo fenomeno è cambiata in base ai momenti storici: se dopo gli attentati in Regno Unito l’attenzione era orientata verso la prevenzione dal jihadismo e del salafismo, il focus si è spostato poi sui movimenti di estrema destra, ritenuti altrettanto pericolosi”. In questo momento, il governo Sunak non valuta questi episodi come minacce e nella maggior parte del Regno Unito l’episodio non ha suscitato grande clamore: “Le nuove policy sull’antiterrorismo europeo e britannico tendono a identificare i luoghi di culto più come target di possibili attacchi che come luoghi destinati alla formazione di cellule estremiste e alla radicalizzazione dei giovani”, conclude Guglielminetti".

domenica 3 settembre 2023

L’attualità di Manzoni e Girard

L’ATTUALITÀ DI MANZONI E GIRARD: TRA VANGELO E PREVENZIONE DELLA VIOLENZA*

René GirardAlessandro Manzoni


Quest’anno è il 150° anniversario della morte di Alessandro Manzoni e il 100° dalla nascita di René Girard. Due pensatori - l’uno più letterato, l’altro più critico letterario - accomunati dalla dimensione profonda e originale del cattolicesimo presente nelle loro opere. Alcuni fili rossi li legano sia biograficamente, che per la riflessione filosofica sulla violenza e le credenze che lo alimentano. Riflessioni di stretta attualità perché afferiscono a quel mondo di idee che si nutre di teorie del complotto, che a loro volta nutrono le ideologie che sottendono la disumanizzazione dei nemici e giustificano l’uso della violenza per annientarli.
Il filo biografico è evidenziato da un aneddoto che Girard racconta in un’intervista pubblicata nel 2017. Lui che, per la sua analisi dei violenti contagi mimetici durante le crisi sociali, utilizzava le narrazioni intorno alle epidemie, dai miti antichi ai testi di persecuzione medievali, non si è mai soffermato sulla peste di Milano del 1630, nonostante racconti che da piccolo “Mia madre (...) imparò anche un po' di italiano, e ci leggeva il romanzo di Alessandro Manzoni ‘I promessi sposi’. Le chiedevamo di rileggere l'episodio della peste, che semplicemente ci affascinava. E per molto tempo abbiamo chiamato quel libro La peste di Milano”.
I testi di persecuzione medievali, come i testi antisemiti, i documenti dell'Inquisizione o i processi alle streghe, per Girard rappresentano una fase intermedia tra la capacità dei miti antichi di nascondere la logica sacrificale narrata da un persecutore che presenta la sua vittima come colpevole, e la nostra capacità di moderni di demistificare i miti, riconoscendo l’innocenza delle vittime perseguitate. La chiave di volta di questa capacità di demitizzare, per Girard, risiede nei Vangeli: Gesù e i suoi discepoli sono la prima ‘setta’ che vuole spezzare per sempre il ciclo delle violenze, cioè quelle faide che trovano nel sacrificio del capro espiatorio la via maestra di ricomposizione di conflitti o crisi sociali. Nella Passione, Gesù non è più un capro colpevole sacrificato sull’altare della pace e della coesione sociale, ma un agnello innocente, che si rende Paracleto, cioè avvocato difensore di tutte le vittime innocenti delle persecuzioni.
 
In occasione della Peste Nera che ha afflitto l’Europa e che colpì la Francia tra il 1349 e il 1350, Girard scorge nel testo del poeta Guillaume de Machouat, ‘Le Jugement du Roy de Navarre’, un esempio paradigmatico di capro espiatorio: addossare agli ebrei, avvelenatori di pozzi, la colpa dell’epidemia e la loro conseguente persecuzione. Se de Machouat, scrive Girard, “crede nelle storie che ci racconta, senza dubbio ci credono le persone intorno a lui. Il testo suggerisce che l'opinione pubblica è sovreccitata e pronta ad accettare le voci più assurde. Insomma suggerisce un clima propizio per i massacri che l'autore conferma effettivamente avvenuti. [...] Il testo che stiamo leggendo ha le sue radici in una persecuzione reale descritta dalla prospettiva dei persecutori. La prospettiva è inevitabilmente ingannevole poiché i persecutori sono convinti che la loro violenza sia giustificata; essi si considerano giudici, e quindi devono avere delle vittime colpevoli, eppure la loro prospettiva è in qualche misura attendibile, poiché la certezza di avere ragione li incoraggia a non nascondere nulla dei loro massacri.”

Nella seconda onda di peste che ha tormentato Italia del Nord e Svizzera tre secoli dopo, e in particolare quella di Milano del 1630, Alessandro Manzoni ci descrive, sulla scorta della documentazione storica da lui utilizzata tanto per i Promessi Sposi che per La Storia della Colonna Infame, come l'opinione pubblica sia stata altrettanto trascinata dalle credenze assurde sul contagio, le famose unzioni. A Milano non è più un poeta che si erge a voce collettiva di giudice, ma sono veri e propri giudici quelli che torturano e condannano a morte i due presunti untori, Giacomo Mora e Guglielmo Piazza. L’orgoglio per la loro violenza giustificata non è scritto sulla carta, ma scolpito sulla pietra della colonna eretta sulle macerie della casa del ‘sicuramente colpevole’ barbiere Mora, in uno di quei particolari testi di persecuzione che, in età medievale e moderna, assume la forma del monumento d’infamia e, possiamo aggiungere, che nei decenni recenti ha assunto quella del testo di rivendicazione dei diversi gruppi terroristici in giro per il mondo.

Se la storiografia recente ha confermato che nella Milano d’inizio XVII secolo un corpus di testi medici, magici e giuridici formarono una vera e propria teoria cospiratoria contro coloro che Manzoni battezzò come ‘untori’; la persecuzione anti-giudaica descritta da Girard troverà nuova linfa in età contemporanea con la nascita dell’antisemitismo, il cui corpus di testi culminerà nei tristemente famosi Protocolli dei Saggi di Sion. La congiura là prefigurata ha sostenuto ancora le più recenti ideologie dei gruppi eversivi neo-nazisti.
Più recentemente, il complottismo che abbiamo visto crescere durante la pandemia da Covid-19, presenta analogie con quanto Manzoni ci ha descritto. I vaccini e la classe sanitaria, come allora gli unguenti e gli untori, spesso lavoratori nel lazzaretto milanese, hanno una doppia valenza: sono stati visti e vissuti, da una parte di opinione pubblica, come prevenzione e cura dal virus, da un’altra, invece, come veicoli della sua diffusione o causa di più pericolose malattie, tanto da arrivare a fare degli hub vaccinali oggetto di attentati.
Le opere di Manzoni e Girard ci forniscono quindi un’analisi preziosa dell’humus mitologico, antropologico e culturale entro il quale cresce e si alimenta la violenza. In epoche diverse, da fenomeno di violenza sociale nel medioevo, a violenza istituzionalizzata in epoca di stati assolutistici, e che oggi continua nelle forme ancora istituzionalizzate di stati cui diamo il nome di totalitari e in quelle sociali anti-statali cui diamo il nome di terrorismi. Tuttavia la lezione più importante di questi due maestri è quella di avere provato a fornire ai loro lettori un antidoto, degno erede della “lieta novella”, alle teorie e ai miti cospiratori, ma anche uno strumento culturale di prevenzione del crimine, cioè quello di raccontare, l’uno, o analizzare, l’altro, la storia partendo dallo sguardo delle vittime, tutte parimenti innocenti, al di là di qualsiasi giustificazione i persecutori siano in grado di portare e alimentare o che, spiritualmente inconsapevoli, non sappiano quello che fanno (Lc. 23,33-34).


Luca Guglielminetti, membro del “Centro studi Renè Girard politico” dell’università di Padova


*Sintesi della relazione presenta all’Istituto Cattolico di Parigi il 16 Giugno 2023 in occasione della conferenza COV&R2023 “A celebration of René Girard’s 100th birthday”. Relazione in inglese scaricabile qui: https://fileshare.uibk.ac.at/d/cef9cf04f15143c2ab08/files/?p=%2FGuglielminetti%20Luca_What%20Are%20Girardian%20Persecution%20Texts.pdf