Lavoro di gruppo degli studenti di psicologia dell emergenza dell'Università Cattolica di Milano.
Guerra Psicologica: Il Potere Nascosto delle Parole
Lavoro di gruppo degli studenti di psicologia dell emergenza dell'Università Cattolica di Milano.
Guerra Psicologica: Il Potere Nascosto delle Parole
L'evoluzione della violenza dalle guerre napoleoniche al terrorismo contemporaneo riflette forse una 'democratizzazione della violenza' politica (se la guerra è politica con altri mezzi, allora la politica democratica evolve in guerra democratica), in cui è riduttivo focalizzarsi solo su attori non statali (i rivoluzionali o i terroristi), nuove tecnologie, fine della guerra come istituzione, come fanno René Girard, Carl von Clausewitz, e anche Carl Schmitt. L'evoluzione dei conflitti comporta infatti che ogni cittadino possa diventare perpetratore o vittima di atti di violenza politica più o meno legittimi. Da porre in evidenza è come la vittimologia (Jan van Dijk, 2009) abbia confermato la dimensione sacra della violenza e il ruolo del Cristianesimo presenti nel paradigma di Girard. Ma negli ultimi decenni il ruolo della vittima è stato sottoposta a critica dalle stesse vittime (del terrorismo) che hanno reclamato il diritto di sottrarsi dal ruolo religioso del capro espiatorio tra i due attori in conflitto, tipicamente stato e attore non statale, o di essere politicamente strumentalizzati dallo stato per le sue politiche di antiterrorismo o di memorializzazione dei conflitti con il terrorismo. Esemplare è il ruolo del comitato dei familiari dei rapiti del 7 ottobre, che nel contesto di un conflitto che sembra spingere all'estremo l'escalation bellica della risposta israeliana all'aggressione di Hamas, si pongono come attori politici terzi e con un'autonoma iniziativa diplomatica finalizzata a 'risparmiare sangue' (concetto di Anna Bravo, 2013).Così, la vittima che si libera dall’etichetta di vittima, non è solo quella alle prese dal dilemma tra farsi milite che si vendica o buon cristiano che deve perdonare il perpetratore. Proprio come suggerisce Girard, in Achever Clausewitz, si deve stare nel conflitto svolgendo parimenti un ruolo di riconciliazione. Un ruolo che in ultima analisi ricorda a tutti l'umanità del nemico. Le vittime sono forse quelle che meglio possono interpretare tale ruolo da antieroi titolati a richiedere di risparmiare sangue?
The “Centro Studi René Girard politico” organizes the conference: Reading Achever Clausewitz: war and the end of history in René Girard.The conference will be held at the Department of Political Science, Law and International Studies of the University of Padua on 4th and 5th September 2024.
The aim of the event is to bring together scholars from different backgrounds, such as experts on René Girard (including Maria Stella Barberi, Giuseppe Fornari e Pierpaolo Antonello), as well as passionate readers who are new to the Girardian paradigm, and to encourage dialogue between them, in an interdisciplinary perspective.To this end, the Centro Studi is calling on scholars, researchers and practitioners who are interested in presenting a fifteen-minute talk at the conference.
We welcome original contributions, in Italian or English, that deal with the content of Achever Clausewitz. If you are interested, please send a short abstract of no more than one thousand words to the following email address: marta.ferronato@unipd.it by 28th July 2024.
Admission will be confirmed by 5th August 2024.Selected applicants agree to speak either in person or remotely during the conference.
This marks the conclusion of the Radicalisation Awareness Network - RAN ’ the European network for prevention practices established in 2011 by the DG Home of the European Commission. Thus, it is time to evaluate this experience, in particular in Italy, and open up a discussion on the future consolidation of policies and practices aimed at preventing and countering violent extremism and terrorism.
Nuova collaborazione con OIKOS ETS di Udine nel progetto regionale sulla prevenzione della radicalizzazione indirizzato ad insegnanti e giornalisti. Si veda la pagina https://www.oikosets.net/pratica-logica/
Un nuova sfida in ambito formativo... nel quadro della convenzione di terza missione della Facoltà di Scienze Politiche di Padova e l'Associazione Leon Battista Alberti e nel quadro delle attività del "Centro Studi René Girard politico".
Di fronte a guerre che coinvolgono sempre più direttamente l’Europa e l’Italia, siamo sopraffatti da un senso d’impotenza che ci rende passivi fruitori di un mare d’informazioni.
Un mare nel quale l’unica libertà concessa sembrerebbe essere quella di poter scegliere quale propaganda seguire, per poterci ritrovare - in una “bolla” o “camera dell’eco” (echo-chambers) - insieme ad altri, dalla “parte giusta”.
Chi voglia sottrarsi a queste bolle, cariche di pregiudizi di conferma, si pone il problema di come approcciarsi in maniera vigile e consapevole ai mezzi e alle fonti di informazione e di analisi.
Esattamente a queste persone - psicologi dell’emergenza, operatori sociali, umanitari e di pace, studenti, ma anche a chiunque sia interessato - si rivolge l’incontro on-line:
”Orientarsi. La guerra, l’informazione, gli inganni.”
il 27 Marzo alle ore 21, on line su Zoom al seguente link:
https://unipd.zoom.us/j/87366408059?pwd=SzlvYlJTVU1IRXA2OWhMR2x3VGdxdz09
Intorno alle teorie del complotto, loro natura, utilizzo e fine. Se ne discute alla libreria torinese Il Ponte sulla Dora con l'autore, Tobia Savoca, e con Enrico Manera - giovedì 7 Marzo ore 18.30.
Università di Padova si è svolto il primo convegno italiano sulla cancel culture |
Il comunicato dell’ Ufficio Scolastico Regionale (USR) per la Lombardia recita:
“Il giorno 5 dicembre 2023 è stato organizzato un seminario regionale, nell’ambito della Convenzione tra Regione Lombardia e Ufficio Scolastico Regionale per la Lombardia per la realizzazione del progetto “Educazione alle differenze nell’ottica della prevenzione e contrasto ad ogni forma di estremismo violento” (anni 2022-2023) - (l. r. 24/2017, art. 6, comma 4), prot. n.5448 del 10.03.2022, nel corso del quale le dieci reti di scopo provinciali in oggetto (Bergamo, Brescia, Como, Cremona, Lecco, Lodi, Città metropolitana di Milano, Monza e Brianza, Pavia, Varese) presenteranno i risultati del loro lavoro pluriennale”.
Questa iniziativa, fin dall'a.s. 2016/2017, ha posto la Lombardia come l’unica, nel panorama nazionale, che abbia portato in modo sistematico il tema del contrasto e della prevenzione della radicalizzazione o estremismo violento nel settore educativo, con un articolata serie di scopi:
- realizzare corsi di formazione per dirigenti scolastici e docenti sulle diverse forme di estremismo;
- inserire i temi dell’estremismo violento, nelle sue molteplici manifestazioni, nei percorsi di educazione civica attraverso Unità di Apprendimento (UdA) dedicate;
- coinvolgere, nella progettazione delle iniziative, le Consulte Provinciali degli Studenti;
- sensibilizzare i genitori sui temi delle diverse forme di estremismo violento;
- attivare specifici monitoraggi per acquisire la percezione del fenomeno degli estremismi violenti da parte dei giovani e per modulare conseguenti azioni educative;
- realizzare azioni di prevenzione tra i giovani del fenomeno dell’estremismo violento in tutte le sue forme;
- sviluppare attività di sensibilizzazione rivolte alla cittadinanza;
- elaborare strumenti di valutazione, con specifiche linee d’indirizzo d’intervento, in grado di supportare le interpretazioni di atteggiamenti e comportamenti che possono riferirsi ad un potenziale percorso estremista. Tali strumenti dovrebbero essere utili per accomunare l’interpretazione di senso da parte del personale docente e scolastico, per meglio definire i potenziali fattori di attivazione, ponendoli sempre in relazione con le realtà contestuali locali, sociali e familiari.
Nel corso degli ultimi 4 anni ho avuto modo di svolgere il ruolo di esperto formatore dei docenti nei poli di Lodi e Monza e Brianza, nonché di partecipare all’incontro del 5 dicembre, osservando che il lavoro svolto dalle reti di scuole lombarde era assolutamente degno dell’attività che avevo visto presentare in Europa in seno al RAN e alla primigenie attività svolte a Torino fin dal 2012, di cui fui promotore.
La relazione “Vidino”, cioè quella del Comitato Commissione di studio su fenomeno della radicalizzazione e dell’estremismo jihadista e intitolata: Verso un approccio italiano alla prevenzione della radicalizzazione, pubblicata nel gennaio 2016, presentava le seguenti esperienze italiane del tempo:
“Negli ultimi anni in Italia sono stati condotti alcuni embrionali esperimenti di contrasto della radicalizzazione, non sempre e non solo di matrice jihadista. Tra il 2012 e il 2014, ad esempio, alcuni progetti e corsi sono stati inseriti nella Collezione delle buone prassi della RAN, come il progetto europeo attuato a Torino “Counternarrative for Counterterrorism” – C4C e l’azione del Comitato promotore per RAN Italia. Nel 2016 invece, sono stati avviati nuovi corsi di formazione con la L107/2015 art.1, comma 121- carta del docente (Corso per docenti. “Radici, radicalizzazioni e terrorismo: una didattica di prevenzione” approvato dall’USR Piemonte e dall’USR Friuli Venezia Giulia ed il Corso di formazione per dirigenti e docenti sull’Educazione alle differenze nell’ottica della lotta ad ogni forma di estremismo violento promosso dall’USR Lombardia . Sono stati anche finanziati dei progetti per la de-radicalizzazione e la creazione di un sistema di pre-allarme in contesto carcerario. Tra questi, il progetto europeo Raising Awareness and Staff Mobility on Violent Radicalisation in Prison and Probation Services (RASMORAD P&P) ed un progetto per la sicurezza degli enti locali “Local Institutions against Violent Extremism II”.
Altri progetti avviati con fondi di enti locali sono stati: 1) il progetto torinese nelle scuole “Islam: radici, fondamenti e radicalizzazioni. Le parole e le immagini per dirlo” che utilizzava i fondi del Consiglio regionale piemontese ai quali si aggiungerebbero per il progetto 2016-2017 quelli privati di alcune fondazioni bancarie; 2) Il Progetto “Rete di sostegno contro gli abusi e le vessazioni nei gruppi”, finanziato dalla L.R. del Friuli Venezia Giulia 11/2012 , che per gli anni 2016 e 2017 ha previsto anche percorsi di uscita e recupero dai gruppi manipolativi ed estremisti.”
Nonostante l’esperienza lombarda, già ivi citata, abbia travalicato i confini del focus sulla radicalizzazione ed estremismo politico-religioso, verso una prevenzione primaria che includeva altri fenomeni - dall'hate speech alla violenza di genere e il bullismo-, resta il fatto che questa esperienza non abbia assunto il carattere episodico tipico delle analoghe iniziative svolte nel nostro paese negli ultimi 12 anni, sia che si trattasse di formazione che di attività sul campo nei vari livelli di prevenzione della radicalizzazione. Del resto, la storia dell’iter della proposta di legge sul tema, lanciata nel 2016 dall’ex parlamentare e magistrato Stefano Dambruoso, dopo 4 legislature non è riuscita a vedere la sua approvazione, lasciando l’Italia tra i pochi paesi senza una strategia complessiva di contrasto e prevenzione all’estremismo violento.
In my experience of a quarter of a century, I have observed how the timing of memorialisation processes have shortened. For decades the victims of the past seasons of terrorism in Italy, Spain, England, Germany and France were removed and forgotten. In Spain the rise of the civic movement known as Espíritu de Ermua, at the end of t of the XX century, is probably the turning point that allowed to change the social perception of the victims of terrorism. In Italy something analogue occurred a few years after, at the beginning of the XXI century. Up until sixteen years ago, most of commemoration activities around terror facts in Europe arose in a bottom-up movement often carried out only by the victims’ organisations. (...)In the last decades, the sensitivity towards the victims of terrorism on the part of public opinion and decision-makers has increased and the commemoration processes of the most recent attacks, from 9 11, have accelerated. This means, for instance, that some of the US association of victims of September 11, in the space of about ten years, went from dealing with trauma care to peace education in schools, as main goal activity. (…)The consequences of this acceleration of memorialization, however, are not all positive, especially when the owner of the memory is the state. The 9/11 memorial and museum, inaugurated in New York in 2011, shows how some memorials take advantage of the emotions fear and anxiety “to persuade Americans to support government policy that appear to provide security” (Erica Doss, 2010, pp. 146–148). The alternative approach by the Norwegian government to design memorial sites a few months after the attacks in Oslo and Utoya, is rather paradigmatic: the discussion brought to no conclusion or consensus and the plan was abandoned, but in 2005, the local authority of Olso, and then the Ministry of Education, created a Centre that is a learning space that works with the mediation of memory and knowledge about the terror attacks. That’s exactly have sense: beyond commemoration, as an official “duty of memory” carried out top-down by the states, memorial centers or museums should be an open forum in an always ongoing work in progress. The only way to avoid that the conflict memory may be exploited by the political agora, creating polarization, and to allow the development of both prevention (PVE) and historicization activities.