martedì 28 febbraio 2012

Orgoglio infame: Barbara Balzerani su FB via Cattelan ed Erri De Luca


Un 'capolavoro' di Cattelan, al Guggenheim di New York, è il pretesto per l'ex brigatista Barbara Balzerani per vantarsi via FaceBook dell'eroica impresa di cui furono vittime Aldo Moro e gli uomini della sua scorta (della cui morte è responsabile insieme ad altre efferatezze) .... ancora dopo 35! 

La foto le è stata gentilmente segnalata da Erri De Luca, amico e sodale della ex capo colonna romana, uno scrittore che ha messo la retorica delle ingiustizia al servizio di tutte le malefatte del mondo salvo dimenticarsi della più infame: quella di chi uccide innocenti per un 'buona causa' di giustizia.

I fatti tragici che hanno portato l'Italia sull'orlo della più grave crisi istituzionale del dopoguerra, sono, nell'interpretazione di Cattelan, la 'lieta novella', un 'novello avvento': gli è bastato aggiungere la coda da cometa alla stella brigatista della famosa foto di Moro prigioniero, scelta, non a caso, dall'edizione dell'Avvenire. Immagino l'orgoglio 'cristiano' della brigatista e dello scrittore...

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Si veda anche il mio intervento  a Bruxelles il 9 marzo 2012 per la VIII Giornata Europea in Memoria delle Vittime del Terrorismo organizzata dalla Commissione Europea e la Rete Europea delle Vittime del Terrorismo (NAVT). 

giovedì 9 febbraio 2012

Genesi e considerazioni sul photoblog "Girls in revolt"

http://girlsandrevolts.tumblr.com/

Colpisce come spesso non sia noto quanto e dove tutto è iniziato.
I punti di inizio, geografici e temporali, in vero forse sono due: uno è la Tunisia quando, tra il dicembre del 2010 e il gennaio 2011, scoppia quella che è stata definita la Rivoluzione dei gelsomini (Jasmin revolution). Ma probabilmente c'è una antenata: la proteste post-elettorali del 2009-2010 in Iran, definite come Green revolution (Rivoluzione verde) o Sea of Green (traducibile come Mare di verde) a ricordare il colore della campagna elettorale del candidato sconfitto Mousavi, ma è stata definita anche come Persian Awakening (Risveglio persiano) o ancora come Twitter Revolution (Rivoluzione di Twitter).
Da queste due ondate di proteste è sorta e seguita la cosiddetta Primavera Araba, in Egitto, nello Yemen, nel Bahrain, e poi in forma drammaticamente bellica nella Libia di Gheddafi, fino alla Siria di questi giorni tragici nei quali la violenza brutale del regime continua a mietere vittime a centinaia, con le complicità infami di Russia e Cina.
Il movimento approda in Europa, a Madrid, il 15 Maggio 2011 con gli indignados / acampados / Democracia Real YA che si estende alle città spagnole e agli altri paese europei, specie quelli latini più colpiti dalla crisi (Grecia, Italia, Francia).
Il 17 settembre 2011, il movimento sbarca negli USA, Occupy Wall Street è la prima di una serie di occupy seguita dal nome di città degli Stati Uniti, del Canada, della Gran Bretagna e in Israele.
In parte disgiunto in parte collegato è la varietà di altri movimenti nelle altre aree del mondo.
In estremo oriente, nella Corea del Sud e nel Giappone, non stupirà che la tragedia del maremoto e dell'incidente nucleare di Fukushima, abbia caratterizzato il movimento sul tema “No nukes”. Un movimento certo antico di decenni, ma che in quei paesi ha avuto nel 2011 nuova grande linfa.
Più curioso il caso del Latinoamerica. Anche lì c'è stato un forte movimento che ha coinvolto le principali città di grandi paesi come il Brasile: quello delle marce delle prostitute, Marcha das Vadias, o Marcha de las Putas. Ma non si può non segnalare il movimento studentesco cileno. O quello “occupy” in paesi come il Porto Rico. O ancora quello delle prostitute in un paese come la Corea del Sud. Per non dire del colletivo femminista ukraino "Femen".
L'idea di “Girls in relvolt” nasce dall'intuizione che la cifra di questi movimenti sia la presenza e il ruolo della donne, in particolare delle giovani donne, con tutta la loro immanente bellezza.
Le ragazze e i temi femministi sono presenti in tutti questi movimenti, così come i social media su Internet e i cellulari sono la piattaforma e le peroferiche su cui si è veicola la comunicazione e, almeno in parte, la organizzazione di tutti questi movimenti.
Le donne, e il loro contributo di idee, di pace, di bellezza e di libertà, spariscono ed escono dalla scena politica quando la rivolta si trasforma in guerra, come è successo in Libia e come rischia di succedere adesso in Siria.
La cifra pacifica così come quella femminile, cui la prima è probabilmente debitrice, abbiamo l'impressione che permettano di connotare questi movimenti più come 'rivolte' che non come 'rivoluzioni'.
Rivolte in senso camusiano, con il senso del limite ben chiaro, in cui i 'no' sono temperati con dei 'sì'. In cui la tentazione nichilista e violenta è ultra minoritaria.
Rivolte anche per la loro evidente lontananza dai movimenti giovanili e rivoluzionari del XX secolo, dalle loro mitologie ed ideologie. Lo si vede anche nell'iconografia del movimento “occupy” che utilizza con grande ironia la grafica dell'avanduardia russo-sovietica degli anni '20/'30 o la maschera di Anonymus, cioè quella di un celebre fumetto, che ha di fatto sostituito il ritratto del Che, quello di un celebre rivoluzionario dei 'mitici' anni '60.

domenica 5 febbraio 2012

Terroristi, vittime e deontologia dei giornalisti: il caso Bianconi



LETTERA AL CORRIERE DELLA SERA.
                                                                                        
Quando il governo stava per approvare la fase due delle liberalizzazioni, abbiamo visto sui quotidiani l'intervento pronto e tempestivo dell'ordine dei giornalisti che temendo il provvedimento potesse interessarlo, dispensava esempi delle buone prassi di giornalismo emanate dal suo esistere. Saremmo allora curiosi di sapere che cosa farà l'ordine dei giornalisti nei confronti del giornalista del Corriere della Sera, Giovanni Bianconi, in relazione al suo articolo del 1 febbraio 2012, con il titolo : E l' ex brigatista rivendica il «diritto all'oblio».

Senza entrare neppure nel merito della turpe pretesa del brigatista di ieri, e oggi professore, che sia cancellata la memoria storica delle sue azioni compiute da terrorista, che contiene lo stesso senso di responsabilità del comandante Schettino della Concordia; il punto che qui vorremo sollevare è un altro e riguarda un dato di deontologia professionale a livello basico, almeno nei paesi anglosassoni, dell'attività giornalistica. Nell'articolo di Bianconi viene salvaguardato l'anonimato e il diritto alla privacy del terrorista e non quella della vittima!
Il nome del brigatista rosso Marcello Basili, viene nascosto dalla sue iniziali, mentre il nome della persona cui egli ha sparato, l'unica che - in quanto vittima - possegga il diritto alla riservatezza, viene tranquillamente pubblicato, temiamo senza la minima preoccupazione di chiedere all'interessato, D. G., se avesse piacere che il suo nome venisse ricordato in merito ad un episodio non certo piacevole.

In Inghilterra, o negli USA, il giornalista in questione temo correrebbe seri rischi di proseguire nella sua professione, in Italia non credo abbia nulla da temere. Mi smentisce, gentile Sergio Romano?

Luca Guglielminetti, consulente dell'Associazione Italiana Vittime del Terrorismo

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Nel merito della questione sollevata, segnalo il bell'intervento su questo blog di Enrico Pozzi