lunedì 28 marzo 2016
sabato 26 marzo 2016
Prevenzione della radicalizzazione violenta
Termine abusato da giornali, politici e commentatori, in questo
intervento di 5 minuti si chiarisce a quali politiche e programmi ci si
riferisce in Europa e nel mondo quando si parla di processo di
radicalizzazione violenta che può trasformare un giovane in un
terrorista e i campi di intervento delle sua prevenzione.
Prevenzione della radicalizzazione violenta. Di cosa stiamo parlando? from Luca Guglielminetti on Vimeo.
Prevenzione della radicalizzazione violenta. Di cosa stiamo parlando? from Luca Guglielminetti on Vimeo.
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mercoledì 23 marzo 2016
#PrayForBruxelles
Questa fotografia ritrae la vetrata a specchio dell'ingresso
dell'aeroporto di Bruxelles, una delle ultime volte che sono stato là,
probabilmente mentre fumavo l'ultima sigaretta prima di andare ad
imbarcarmi. Dietro ad essa sono scoppiate ieri le bombe che hanno
ucciso, ferito e distrutto l'area facendo saltare tutti i suoi vetri.
E' quindi un piccolo omaggio all'integrità dalle persona attraverso quella della vetrata specchio che rifletteva chi transitava prima di entrare all'interno.
Ringrazio della loro premura coloro che, amici veri e virtuali, ieri mi hanno cercato per accertare che non fossi a Bruxelles.
E' quindi un piccolo omaggio all'integrità dalle persona attraverso quella della vetrata specchio che rifletteva chi transitava prima di entrare all'interno.
Ringrazio della loro premura coloro che, amici veri e virtuali, ieri mi hanno cercato per accertare che non fossi a Bruxelles.
domenica 20 marzo 2016
CVE: il ritardo italiano alla prevenzione soft del terrorismo
"Salah è stato ritrovato a casa sua, a Bruxelles. Da mesi l'Italia dice
che accanto a una risposta credibile sul piano securitario l'Europa deve
avere una strategia sui temi cultura, periferie, educazione. Per ogni
euro investito in sicurezza, un euro investito in cultura. Siamo
convinti che questa proposta italiana debba diventare legge anche in
Europa", dice Renzi. Forse è il contrario: in Europa già si fa...
Mia intervista sull'Avvenire 20 Marzo 2016
Mia intervista sull'Avvenire 20 Marzo 2016
venerdì 11 marzo 2016
12° Day of Remebrance for Victims of Terrorism
Centre Albert Borschette, Bruxelles 11th March 2016 : 12° European Day of Remebrance for Victims of Terrorism, organized by the European Commission and the RAN-CeO
domenica 6 marzo 2016
SICUREZZA PARTECIPATA TRA LIBERTÀ E LEGALITÀ
Il tema della sicurezza si declina
nel pubblico dibattito in due forme: o come parole tecniche di esperti o
come divaricazione manichea tra primato della libertà e quello della
protezione.
A
seconda del campo di applicazione, il primato delle dell’una o
dell’altro assume valenze politiche opposte: di fronte la guerra al
terrorismo è di sinistra difendere le libertà individuali, là dove è di
destra limitarle in nome delle sicurezza dei cittadini; mentre di fronte
agli incidenti sul lavoro è di destra la libertà di imprendere senza
troppi vincoli, là dove è di sinistra limitarla per salvaguardare la
salute dei lavoratori.
In
altri campi, la parola è affidata al linguaggio, apparentemente neutro,
degli specialisti delle varie forme di sicurezza: il tecnico di
sicurezza militare o di intelligence, oppure il tecnico di sicurezza
informatica o di impianti industriali che presentano scenari e soluzione
dei quali solo una minoranza di pubblico non sprovveduto coglie il
senso politico sotteso.
Intorno
alla sicurezza si gioca in vero una delle partite più importanti del
discorso pubblico, in quanto essa sottende una delle più potenti
emozioni umane, comune a tutti i cittadini-elettori: la paura con i suoi
derivati di ansia, stress e preoccupazione.
L’approccio
ideologico è quello oggi dominante con le sue metafore semplicistiche:
di fronte a migranti e rifugiati si invocano o i muri o i ponti.
Buonismo imbelle e cieco egoismo si fronteggiano sui molti temi legati
alla sicurezza portando spesso le discussioni all’immobilismo o a scelte
irrazionali dai risultati disastrosi.
Se
la politica si presenta spesso lenta nell’affrontare i mutamente della
società dell’informazione, quando si tratta di sicurezza, aggiunge il
termine emergenza e accelera verbalmente e spesso concretamente i suoi
atti. La politica reagisce cioè come la fisiologia umana ha insegnato al
cervello: di fronte al pericolo serve una reazione immediata difensiva,
senza pensarci troppo. Ma la paura diventa quasi sempre un pericolo per
coloro che la provano.
Questa
dinamica, ci spiegano l’antropologia e le neuroscienze, è legata alle
necessità di sopravvivenza delle nostra specie quando l’uomo viveva in
tutt’altro contesto ambientale. Funzione bene ancora oggi di fronte ai
disastri naturali, dove un’efficiente protezione civile è sufficiente,
ma serve uno sforzo “contro-natura”, tanto logico quanto razionale, per
invertire la tempistica, o almeno rallentare il tempo delle decisioni,
per evitare alla paura di giocare il ruolo di sentimento dominante nello
scenario politico quando ci troviamo di fronte ai pericoli sociali.
Quelli con i tratti umani del terrorista, del migrante, dello “zingaro” o
quelli criminali della gang, del racket, dell’imprenditore senza
scrupoli, o di forze di sicurezza inadeguate, sistemi giudiziari
inefficaci o sistemi di sorveglianza invasivi.
La
società civile dovrebbe allora farsi carico di creare spazi dove
rallentare il tempo della riflessione intorno ai temi della sicurezza,
per favorire scambi, discussioni, proposte e progetti che abbiano quanto
più possibile un fondamento razionale, laico e scientifico, che
risponda alle esigenze specifiche nel territorio nella consapevolezza
dei dibattiti e delle pratiche europee e internazionali sui temi della
sicurezza e della sua difficile relazione con le libertà e le forme di
legalità.
Servirebbero
quindi spazi di pubblica discussione e proposta la cui attrezzatura
metodologica sia quella di socializzare i linguaggi specialistici,
confrontare le prassi e gli approcci, privilegiare gli interventi di
prevenzione delle cosiddette “emergenze”, rendere partecipe la
cittadinanza su politiche che non possono essere più relegate ai
populismi mediatici o alle segrete stanze degli organi di sicurezza.
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