sabato 19 giugno 2021

Cesare Battisti e lo stato di diritto

Chi mi conosce sa che dal 2000 ho passato 15 anni a lavorare per l’ Associazione Italiana Vittime del terrorismo, nell’ambito di relazioni internazionale, comunicazione e didattica. Risulterà strano oggi, ma il destino delle vittime di Cesare Battisti, latitante in Francia prima e in Brasile poi, così come quelle delle altre vittime degli anni di piombo, fin verso il 2008 interessava praticamente a nessuno. Del resto la stessa società civile - che fosse l’associazionismo che protegge Caino o quella che protegge Abele - per quasi 30 anni si è curata solo della reintegro in società degli ex militanti della lotta armata di destra e sinistra; mentre le vittime si dovevano aiutare tra loro per rompere l’isolamento sociale e per ottenere i loro diritti. Tra i miei compiti ho quindi anche tenuto i rapporti con la stampa brasiliana per permettere alle voci dei familiari dell’ex militante dei Nuclei Armati Proletari di giungere oltre oceano nel 'paradiso' gestito allora da Lula. Oggi, due anni dopo l’arresto, l’estradizione in Italia e la confessione dei crimini commessi, penso che non si possa prendere alla leggera lo sciopero della fame in corso, motivato nell’articolo in calce. Se le associazioni di vittime si sono giustamente vantate di non aver mai chiesto vendetta, ma solo applicazione dello stato di diritto, allora oggi non penso proprio che possono stare in silenzio.

 

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