Conferenza Internazionale sul tema dei ‘Diritti nazionali, europei ed internazionali delle vittime del terrorismo’.
La Voce delle vittime: testimonianze delle delegazioni internazionali - Torino, 21 Maggio 2009 intervento di Luca Guglielminetti
Un caro benvenuto a Torino alla delegazioni europee e a tutti i convenuti.
Permettete che mi riallacci, nel presentare il Convegno che si apre, alla figura di Puddu.
Mi sono chiesto se si trattasse di un caso il fatto che tra i feriti superstiti e i familiari delle vittime del terrorismo degli anni di piombo, sia stato proprio Maurizio Puddu ad esprimere quella coriacea determinazione a fondare e portare avanti per oltre un ventennio l’associazione che li riunì. Un sardo trapiantato in Piemonte, come Gramsci e Saragat, che come loro è stato capace di compiere delle scelte coraggiose e controcorrente rispetto al clima politico culturale in cui ha agito. Nel I silenzi degli innocenti racconta che: «Era interesse di molti che le vittime restassero monadi isolate, che non comunicassero tra loro, notizie, dubbi o rivendicazioni di sorta. Insomma, che non avessero voce. Che vivessero nel silenzio e nella solitudine il loro dramma, senza infastidire il prossimo con le loro richieste di diritti negati, a cominciare da quello alla verità».
Qualora non si trattasse di un dato antropologico, la fiera e ferma volontà di Puddu potrebbe essere considerata, in alternativa, una eredità proveniente da una gioventù passata a praticare forse il più duro degli sport: il ciclismo. La sua impresa nella Torino-Courmayer e ritorno era infatti uno degli aneddoti che preferiva raccontare nei rari momenti in cui staccava i pensieri dal fronte politico ed organizzativo del suo impegno atto a tenere unita una comunità sparsa in tutta Italia e che presto si è trovata abbandonata da tutti a se stessa.
Il suo interesse per il livello internazionale dei temi del terrorismo lo si può evincere da due dati esemplificativi: il primo lo traggo da un documento assai diretto, il suo curriculum vitae, che recita: «Dopo aver collaborato con diverse associazioni estere ha partecipato in specie al primo convegno europeo sul terrorismo che si è tenuta a Parigi il 24 settembre 1987». Il secondo da quella che ci appare oggi una specie di profezia: in “Sedici marzo” una antologia di saggi uscita nel 1998 per il ventennale della strage di Via Fani, Maurizio Puddu scrive che il terrorismo «si trasformerà, evidentemente, a livello internazionale e dovremmo conviverci come nuova forma di guerra».
E così capitò che l’11 settembre abbia aperto il nuovo millennio ponendo il terrorismo al suo centro, tracciando una scia di sangue che dagli Stati Uniti si è allungata prima a Madrid, poi a Londra, cioè all’Europa. Ed è per questa terribile circostanza storica che oggi ci troviamo qui. Prima il Parlamento Europeo, con l’istituzione della Giornata Europea delle Vittime del terrorismo nel giorno delle bombe alle stazioni madrilene, l’11 Marzo; poi la Commissione Europea, istituendo un programma di finanziamenti rivolto alle associazioni di vittime del terrorismo e agli enti in loro supporto.
L’attenzione per il terrorismo svolto dalle istituzioni europee, qui confermata dalla presenza di Marie-Ange Balbinot, della Direzione Generale Libertà, Sicurezza e Giustizia della Commissione Europea, ha permesso, da una parte, un cambio di clima, per esempio, in Italia a livello di pubblicistica: dopo che per decenni questa aveva posto attenzione solo alle storie dei terroristi, ha iniziato ad ascoltare e raccontare anche l’altra parte: la voce delle vittime.
Dall’altra ha permesso, un giorno del giugno 2004, ad AIVITER di attivare una serie di contatti che dal quel Congresso di Parigi del 1987 si erano interrotti: un fax di Roberto Della Rocca a Maurizio Puddu segnalava un articolo del Sole24Ore che riportava la notizia del bando che la Commissione Europea aveva lanciato in favore delle vittime del terrorismo. Il nostro primo tentativo fallì, ma l’anno successivo in occasione di un incontro a Bruxelles tra tutti i partecipanti al bando precedente, e poi ancora le iniziative lanciate in Italia da AIVITER per la Giornata Europea delle vittime del terrorismo, quanto invitammo Angeles Pedraza nel 2007, che saluto per il suo ritorno a Torino tra noi, alimentarono i rapporti con l’ “Asociación de Ayuda a las Víctimas del 11M” aprendo la strada a quello che oggi è un solido e collaborativo network di associazioni europee. Della sua costruzione dobbiamo qui ringraziare pubblicamente Maria Lozano, la sua indefessa direttrice.
Questo network e AIVIETR vi propongono in questa sede una serie di temi, per il primo dei quali, la Voce delle Vittime, voglio ricordare a titolo esemplificativo, un articolo apparso il 6 maggio scorso sul quotidiano ‘La Stampa’ relativo a una storia dimenticata: quella di una vittima del dirottamento della nave da crociera Achille Lauro avvenuto nel 1985 da parte dei terroristi palestinesi di Abu Abbas che uccisero l’ebreo americano Leon Klinghoffer. Rosina Veggia ha trascorso il resto della sua vita tra medici e psichiatri, dimenticata da tutti ma non dalla nostra associazione della quale è socia la figlia Marika Ferretti, qui con noi oggi. In relazione alle vittime dimenticate, tra le testimonianze che seguiranno tra poco, ci sarà quella dell’amico Guillame de Saint Marc: suo padre era sul DC10 d’UTA esploso sul deserto africano il 19 settembre 1989, un attentato attribuito alla Libia di Gheddafi che fece 170 vittime di 18 nazionalità diverse: sei di queste erano italiane. Chi le ricorda in Italia?
Di alcune vittime, specie del terrorismo internazionale, abbiamo difficoltà a reperire persino i nomi come nel caso dei due attentati all’aeroporto romano di Fiumicino del dicembre 1973 e del dicembre 1985: anche in quei casi abbiamo vittime di nazionalità diverse, uccisi in luoghi di extraterritorialità. Credo allora che si importante rimarcare quanto scritto dalla Commissione Europea nel suo memoriale del 2005 “Quando un cittadino della UE è vittima del terrorismo è l'intera comunità dei cittadini dell'Unione ad esserne vittima”. Dare voce alle vittime significa riconoscere loro un primo fondamentale diritto. Ascoltarle è un dovere che ci rende tutti consapevoli cittadini europei e del mondo.
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