Nella polemica sul caso Battisti, il Presidente Napolitano nella lettera di ringraziamento all’ex giudice istruttore di Milano Giuliano Turone, che gli aveva spedito il suo libro «Il caso Battisti» appena uscito per Garzanti, ha aggiunto un tassello cruciale per sgombrare i tanti equivoci sul terrorismo italiano cui molto ha contribuito la gauche caviar francese, ma non solo: «L’Italia condusse quella lotta nella piena osservanza delle regole di uno stato di diritto». Si tratta di indiretta risposta all'accusa giunta dall'ultima intervista brasiliana dell'ex leader dei PAC: "Non posso pentirmi di ciò che non ho commesso. Mi accusano di omicidi i cui responsabili sono stati arrestati e torturati"
Si ripete, così, qualcosa di analogo a quando iniziò il processo agli agenti nei Nocs, coinvolti nella liberazione del generale della Nato James Lee Dozier (27 gennaio 1983), sequestrato dalla Brigate Rosse il 17 dicembre del 1982, accusati di aver aver poi seviziato alcuni terroristi. Il Presidente Sandro Pertini, parlando come presidente del Csm, disse : "Torna a onore dei magistrati italiani che da noi non è successo quanto è accaduto in altri Paesi. L'Italia è un esempio grande perché noi abbiamo combattuto il terrorismo usando la legge e la democrazia. La requisitoria del pubblico ministero del processo che è in corso a Padova contro gli agenti dei Nocs è una requisitoria nobilissima perché lascia intendere che quella requisitoria gli costava moltissimo dal momento che doveva giudicare gli uomini che avevano liberato Dozier, i quali - dopo - avevano violato la legge. Di fronte a questo, la magistratura non ha esitato ed è questo un atto di estrema giustizia. Mi chiedo qual è la Nazione capace di dare un simile esempio?".
Per la precisione, la sconfitta del terrorismo è passata per le maglie della legislazione premiale. Una legislazione, quindi, come sostenuto da Napolitano e Pertini, "nello stato di diritto" e "usando la legge e la democrazia".
Una legislazione premiale, però, la cosiddetta legge sui pentiti, così commentata nel 1982 da Leonardo Sciascia: “Mi pare che il Parlamento, votando questa legge, si metta sotto i piedi sia i principi morali, sia il diritto”.
Una legislazione premiale che, ha insinuato l'ex Br Franceschini, nasceva dalla necessità di fornire una via di fuga agli infiltrati dallo Stato nelle organizzazioni terroristiche.
Una legislazione premiale che, forse, travalicava i confini stessi dei termini della legge specifica per estendersi alle necessità della ragion di Stato, come quando è stato permesso a Giuliana Conforto di passare indenne dai processi anche se trovarono in casa sua la pistola Skorpion che aveva ucciso Aldo Moro, per citare un solo caso (ben ricostruito da Miguel Gotor nel 'Memoriale della Repubblica', pagg. 413-414).
Un lotta, quella al terrorismo, che si può ammettere, quasi per sua natura, non possa che risiedere sopra un incerto crinale tra stato di diritto e mezzi, se non illegali, almeno non trasparenti, dettati da ragion di Stato, cioè ragioni di sicurezza nazionale. Un crinale tale, in ogni caso, da rendere sempre assai incerto per i familiari delle vittime del terrorismo conoscere il motivo della morte dei loro cari. Ponendo interrogativi che certo non riguardano solo le vittime, ma tutta la cosiddetta società civile.