Una singola storia, ad esempio quella del piccolo Charlie che sta attirando l'attenzione e schierando fiananco i leader mondiali, appassiona assai più dei numeri; ad esempio 11.000, il numero dei bambini siriani uccisi dal regime di Assad solo dall'inizio del conflitto alla fine del 2013 (Oxford Reseach Group).
Una storia di cui sappiamo i nomi, i ruoli dei personaggi con i loro desideri e sofferenze, è una notizia sulla quale discutere e accalorarsi. I numeri freddi di una strage che introduce una nuova fattispecie di terrorismo di Stato in quanto mira a piegare la popolazione colpendo intenzionalmente i bambini, è un fatto che non accalora nessuno, salvo i diretti interessati.
Scrivo questo non per sterile moralismo, ma per far notare come, di fronte ai fatti che ci presenta il mondo, siamo assai più attratti e coinvolti dello storytelling propinato dai media che dai dati empirici, propinati dalla ricerca.
Questa dinamica, ben nota alle scienze cognitive, per cui siamo "predisposti" assai più al linguaggio delle storie che a quello dei numeri, ha importanti riflessi nella nostra selezione dei fatti, nella loro interpretazione/percezione e, in ultima analisi, sulle scelte politiche che ciascuno di noi poi compie.
p.s. lo stesso caso#CharlieGard denota bene la distonia tra sentimento e scienza: il piccolo è ormai una cavia preda di egoismi e protagonismi estremi.
p.s. lo stesso caso
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