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Copertina della monografia dei Quaderni di Psicologia dell’emergenza editi da EDUCatt |
TERRORISMO. Vittime contesti e resilienza
(di prossima pubblicazione)
INDICE
- PSICOLOGIA DEL TERRORISMO: ACCANTO AI SOPRAVVISSUTI
- TERRORISMO, GUERRA PSICOLOGICA E PSICOLOGIA PER LA PACE (Fabio Sbattella)
- LA RADICALIZZAZIONE PACIFICA DELLE VITTIME DEL TERRORISMO (Luca Guglielminetti)
- A CONTATTO CON LE VITTIME (Maria Teresa Fenoglio)
- L’ATTENTATO TERRORISTICO AL MUSEO DEL BARDO A TUNISI, SOSTEGNO ALLE VITTIME E RESILIENZA COMUNITARIA (Maria Teresa Fenoglio)
- ORGANIZZARE RESILIENZA: PROFESSIONI IN CAMPO (Tiziana Celli)
- LA PAURA NELLE MENTI: GLI INCIDENTI DI PIAZZA SAN CARLO A TORINO (Maria Teresa Fenoglio)
- BIBLIOGRAFIA
(anteprima)
PSICOLOGIA DEL TERRORISMO: ACCANTO AI SOPRAVVISSUTI (Fabio Sbattella)
Riprende,
con questo testo, la pubblicazione dei Quaderni di Psicologia
dell’Emergenza. Si tratta di un progetto scientifico e culturale
promosso dall’Unità di Ricerca in Psicologia dell’Emergenza
(1), una
struttura universitaria impegnata da anni nella formazione, nella
ricerca scientifica e anche nella realizzazione di progetti operativi
sul campo.
Obiettivo della collana è quello di mettere a disposizione
concetti, conoscenze e metodologie efficaci per i professionisti, per
gli studenti in formazione, per la comunità scientifica e più in
generale per tutti coloro che sono impegnati in quelle operazioni di
prevenzione, soccorso e ricostruzione che sono legate ad incidenti
singoli, disastri complessi e catastrofi (Sbattella 2009).
Si tratta
dunque di un servizio culturale e scientifico, radicato nel mondo delle
idee, ma nello stesso tempo fortemente orientato al lavoro operativo e
professionale sul campo. Senza opportune mappe concettuali, il “fare”
che caratterizza ogni emergenza rischia, infatti, di trasformarsi in un
insieme di acting out ciechi e pericolosi. Senza la possibilità di
riflettere, rileggere, ripensare e discutere le esperienze vissute,
inoltre, ogni sfida sul campo rimane un’occasione perduta, rispetto alla
possibilità di capire qualcosa di più relativamente alla natura
dell’Uomo, ai suoi limiti e alle sue potenzialità in contesti estremi.
Teoria e pratica dunque, sono intese, in questa prospettiva, come
componenti inscindibili dello stesso percorso. Fermarsi dunque per
esaminare pericoli, valutare rischi, ascoltare aspettative, ansie e
immaginazioni significa “fare” psicologia dell’emergenza in termini di
prevenzione, cioè incidere sulla realtà, affinché le emergenze non
accadano, oppure affinché i loro danni siano mitigati. Offrire poi
strumenti teorici e metodologici per riflettere e comunicare emozioni o
complessità, serve a facilitare la formazione umana e professionale, al
fine di essere efficaci durante i momenti più caldi delle emergenze sul
campo. Infine, offrire parole e gesti adeguati per nominare
l’indicibile, condividere le esperienze, rielaborare
le memorie traumatiche e aprire speranza al futuro è da noi ritenuto un
lavoro essenziale e qualificante per ogni operatore del post emergenza.
Prevenire, soccorrere e ricostruire: queste sono in sintesi le tre
grandi finalità del lavoro in emergenza. Esse coinvolgono anche la
psicologia, sia dal punto di vista teorico che operativo.
Il nostro
contributo si sviluppa, in questo settore, nella direzione di esplorare,
documentare e comprendere tutti processi psichici che si intrecciano
prima durante e dopo ogni emergenza. Processi percettivi, emotivi,
mnestici, decisionali, comunicativi e relazionali che permettono ai
protagonisti umani di resistere agli eventi avversi o, in alcuni casi,
si intrecciano fino a causare quelle sofferenze che alcuni di noi
chiamano di interesse clinico. Ci interessa dunque comprendere come la
mente ragiona, si attiva e si ferma, si dissocia, si difende o si
riorganizza e come decide prima, durante e dopo le crisi, intendendo con
questo termine ogni cambiamento ambientale rapido, improvviso e
devastante. Ci interessa anche capire come potrebbero funzionare le
menti dei diversi attori coinvolti nei differenti contesti emergenziali,
se fossero opportunamente sostenute da altre menti, da tecnologie
adeguate o habitus mentali e culturali acquisiti ad hoc. In altre
parole, la ricerca si apre verso la messa a punto di metodologie di
intervento e di formazione innovative, andando al di là della
descrizione dell’esistente. La mente umana è protagonista di ogni
emergenza in vari modi e a vari livelli. Abbiamo capito in questi anni
di ricerca ed intervento che la mente umana non solo “reagisce” (o
meglio “risponde”) agli eventi critici generati da un ambiente (naturale
o antropico) esterno a sé. In buona parte è proprio lei che definisce
le emergenze come tali, le costruisce, le enfatizza o le diffonde.
Un’emergenza, infatti, è sempre per noi una condizione psichica, un modo
di leggere la realtà di cui si è protagonisti e con la quale
strettamente si interagisce (Sbattella e Tettamanzi 2019). Ciò che ci
interessa, inoltre, è comprendere e descrivere non solo ciò che accade
alla mente individuale, ma anche a quella gruppale e collettiva, alla
mente organizzativa e a quella comunitaria. Si tratta di livelli di
organizzazione mentale a cui ogni singola persona partecipa in ogni
istante e che influenzano ricordi, percezioni, interpretazioni e,
ultimamente, anche le scelte operative e i comportamenti di interi
gruppi e generazioni.
All’interno di questa prospettiva, il
presente testo rappresenta un contributo cruciale. Discutere infatti dei
processi psichici che si intrecciano attorno agli eventi drammatici del
terrorismo significa affrontare i danni causati intenzionalmente da
menti umane sulle menti e sui corpi di altri esseri umani. Come
cercheremo di discutere nel primo capitolo, gli atti terroristici
costituiscono una categoria molto peculiare dell’ampia gamma di atti
violenti e distruttivi di cui l’essere umano è capace. Si tratta di
azioni progettate con lucidità e intelligenza, animate da rancore e
disprezzo della vita e mirate intenzionalmente a diffondere emozioni
negative oltre che morte; finalizzate a sconvolgere intere comunità
oltre che uccidere e danneggiare singole persone. Obiettivo di questo
quaderno è quello di offrire alcune piste di lettura psicologica di
questo fenomeno e nello stesso tempo quello di trarre da queste tragiche
esperienze alcune conoscenze importanti sulla mente umana e le sue
possibilità.
In linea con le scelte di fondo dell’Unità di ricerca,
abbiamo cercato di raccogliere saggi provenienti da due fronti diversi,
tra loro complementari. Da un lato vi è la riflessione teorica e la
ricerca fenomenologica, dall’altro l’ascolto e l’analisi delle
esperienze sul campo.
Il testo si apre così con un capitolo che
discute le definizioni di terrorismo come parte delle strategie
belliche. Si cercherà di evidenziare, in queste pagine, come l’obiettivo
della guerra condotta con strategie terroristiche sia per sua natura
mirata a destabilizzare gli equilibri psichici dei singoli e delle
comunità, sollecitando reazioni, pensieri ed emozioni potenzialmente
disadattativi. In particolare, sarà discusso come le diverse
caratteristiche degli atti e delle metodologie terroristiche sviluppino
potenzialmente impatti diversi. Tali caratteristiche, di conseguenza,
sfidano in modo differenziato gli operatori impegnati nel costruire pace
e tutti coloro che sono chiamati a difendere la salute mentale
all’interno di contesti conflittuali.
Nel secondo capitolo, Luca
Guglielminetti propone alcune riflessioni importanti, maturate come
consulente dell’Associazione Italiana Vittime del Terrorismo (Aiviter),
come membro del direttivo del Gruppo Italiano di Studio del Terrorismo
(GRIST) e del Radicalisation Awareness Network (RAN) della Commissione
europea. Si tratta di uno sguardo articolato e innovativo, in grado di
collegare episodi e fenomeni diversi tra loro, nella lunga storia del
terrorismo. In particolare, esso offre strumenti per connettere la
psicologia delle vittime e psicologia dei terroristi. Paura,
vergogna,
senso di impotenza, desiderio di rivalsa e di giustizia, possono
concatenarsi fino ad alimentare la spirale della violenza. Solo una
presa di coscienza forte dei nessi profondi che legano la psicologia dei
sopravvissuti a quella dei carnefici può permettere di spezzare i
circuiti della violenza. La radicalizzazione pacifica delle vittime del
terrorismo viene così presentata come una via costruttiva, da
contrapporre ai fenomeni di radicalizzazione violenta, che nutre le fila
dei terroristi.
Nel terzo capitolo è riportato il contributo teorico
della Prof.ssa Maria Teresa Fenoglio, docente di Psicologia
dell’emergenza presso l’Università degli Studi di Torino. Come fa anche
Guglielmetti, Fenoglio saggiamente collega i fenomeni più recenti ed
eclatanti con le ferite lasciate in Italia dagli anni di piombo: anni di
tensione, stragismo e terrorismo. La riflessione sul presente si nutre
delle esperienze passate ed in particolare delle molte analisi e
dibattiti che è stato possibile sviluppare in anni di contrasto alle
strategie del terrore in Italia. Come avviene nel primo capitolo e come
accade in realtà in tutto il testo, il focus rimane sulla psicologia
delle vittime (dirette ed indirette) e non su quella dei terroristi.
Tale è infatti la scelta operata in questa raccolta: comprendere i loro
vissuti e bisogni in primo luogo. Fenoglio sviluppa il discorso poi
presentando in capitoli successivi due recenti esperienze sul campo e
dunque offrendo al lettore la possibilità di esaminare testimonianze di
sopravvissuti e case history. Sono così descritti e discussi gli
interventi psicologici realizzati a Torino a favore delle vittime e dei
familiari dell’attacco al Museo del Bardo e successivamente dei feriti
del 3 giugno 2017, in Piazza San Carlo. Due episodi tra loro assai
diversi. Nel primo, un gruppo di turisti di 10 nazioni diverse, tra cui
un folto gruppo di torinesi, è stato oggetto di uno spietato attacco
armato in Tunisia. Nel secondo, una folle enorme e festante ha reagito
disperatamente ad un pericolo oscuro, nei giorni successivi a gravi
fatti terroristici accaduti in Europa. In entrambi i casi, alcune équipe
di psicologi professionisti sono scese in campo, interagendo in modo
integrato con le altre forze del soccorso e proponendo metodologie
d’intervento diverse. Sono dunque presentate le loro esperienze,
evidenziando vissuti emotivi, aspetti organizzativi e tecniche di
intervento. Il dramma dell’attacco al museo del Bardo è anche discusso
da un altro punto di vista.
Tiziana Celli, psicologa esperta di
organizzazioni, discute l’episodio dal punto di vista dell’organizzazione dei soccorsi psicologici. Avendo avuto modo di
collaborare direttamente con i colleghi tunisini, l’esperienza descritta permette
di avere uno spaccato del modello francese di intervento in questi
contesti, nonché una testimonianza internazionale di come il dolore sia
pervasivo in ogni contesto culturale. Accanto a riflessioni ed analisi
mirate alla realtà tunisina, queste pagine permettono di entrare nei
diversi livelli di complessità che ogni dramma umano, internazionale e
mediatico porta con sé. Testimonianze e report diretti, consentono nel
suo lavoro, come in quello di Fenoglio, di esaminare materiali di prima
mano, non solo relativi alle testimonianze dei sopravvissuti, ma anche a
quelle dei soccorritori. Anche questi ultimi, infatti, sono parte della
psiche collettiva perturbata dall’emergenza. Per quanto più preparati
all’impatto di molti comuni cittadini, la disponibilità all’accoglienza
empatica, che li caratterizza per statuto, non può non partecipare degli
stessi processi psichici in cui sono coinvolte le persone che sono
soccorse.
In sintesi dunque, questo testo propone una selezione
accurata di contributi qualificati, tra loro strettamente interconnessi.
Ci auguriamo che da questa lettura possano nascere ulteriori spunti di
discussione e ricerca ed anche linee guida per efficaci interventi
formativi e operativi sul campo. La ricca bibliografia che conclude il
volume vuole essere una proposta per ulteriori approfondimenti,
consapevoli che la ricerca e il dibattito in questo settore non può che
essere in continuo sviluppo.
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(1) https://progetti.unicatt.it/progetti-milan-psicologia-dell-emergenza-home;
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