[annotazione su Arendt e Girard]
Tradizionalmente il male viene posto in diretta connessione con la dimensione satanica o demoniaca, un qualcosa quindi che a che fare con una profonda malvagità.
“A Gerusalemme però Arendt si trovò di fronte a qualcosa di totalmente diverso: ciò che maggiormente la colpì fu la straordinaria superficialità del criminale; tale superficialità rendeva impossibile ricondurre gli atti di quest’uomo a delle cause e motivazioni profonde. Gli atti compiuti da Eichmann erano profondamente malvagi, mostruosi, e tuttavia l’artefice di tali atti era un uomo ordinario, mediocre. Egli non appariva dunque con le caratteristiche demoniache, attribuite dalla tradizione, a chi compie atti così mostruosi. Non malvagità dunque, ma assenza di pensiero”(1):
“Quanto più lo si ascoltava, tanto più era evidente che la sua incapacità di esprimersi era strettamente legata a un’incapacità di pensare, cioè di pensare dal punto di vista di qualcun’altro.”(2)
Nell’appendice del 1964 sulla Polemica sul caso Eichmann, la Arendt prima di ribadire la mancanza di immaginazione e idee, usa ‘parole povere’:
“Eichmann non era uno Iago né un Macbeth, e nulla sarebbe stato più lontano dalla sua mentalità che «fare il cattivo» - come Riccardo Terzo - per fredda determinazione. Eccezion fatta per la sua eccezionale diligenza nel pensare alla propria carriera, egli non aveva motivi per essere crudele, e anche quella diligenza non era, in sé, criminosa; è certo che non avrebbe mai ucciso un suo superiore per ereditarne il posto. Per dirla in parole povere, egli "non capì mai che cosa stava facendo".(3)Mi stupirebbe se non l’avesse mai notato prima nessuno, ma quelle ‘parole povere’ richiamano in maniera piuttosto evidente, anche se magari ( e probabilmente) in modo del tutto involontario, l’invocazione di Cristo in punto di morte.
"E’ la famosa frase che Gesù pronuncia dopo essere stato crocefisso: -Padre, perdonali perché non sanno quello che fanno- (Luca, 23, 34). Come per le altre frasi di Gesù, dobbiamo guardarci dallo svuotare queste parole dal loro senso fondamentale riducendole a una formula retorica, a un’iperbole lirica. Ancora una volta bisogna prendere Gesù alla lettera. Egli descrive l’incapacità, da parte della folla scatenata, di vedere la frenesia mimetica che la scatena. I persecutori credono di << far bene >> e sono convinti di operare per la verità e la giustizia, credono di salvare in tal modo la loro comunità”. (4)Il male, Satana è, prendendo alla lettera i testi evangelici, il Re delle Tenebre e, secondo René Girard, le tenebre non sono altro che una metafora per indicare la condizione d’inconsapevolezza. L’inconsapevolezza persecutoria del meccanismo vittimario è, con la teoria mimetica, il fondamento del pensiero di Girard.
[…] la discriminazione rappresenta un diritto imprescindibile sul versante sociale quanto l’eguaglianza rappresenta un diritto imprescindibile sul versante politico. Il problema, dunque, non è come eliminare la discriminazione, ma come tenerla dentro i confini della sfera sociale, in cui è legittima, e come evitare che trapassi nella sfera politica e in quella personale, in cui invece è distruttiva. […] Gli standard sociali non sono e non devono diventare standard giuridici. Se la legislatura segue il pregiudizio sociale, la società diventa tirannica […] Nel momento in cui la discriminazione sociale è ratificata per legge, si trasforma in persecuzione.(5)
La comparazione tra le analisi del pre-giuridico antropologico in René Girard e quelle giuridico-morali in Hannah Arendt meriterebbero di essere approfondite.
(1) C. Boi, Caterina, Hannah Arendt e la delineazione di una teoria politica "a-morale". Bollettino telematico di filosofia politica, (2018)
(2) H., Arendt, La banalità del male. Eichmann a Gerusalemme, tr. it di Piero Bernardini, Milano 1964, p. 57
(3) Ibidem p. 466
(4) R. Girard, Vedo Satana cadere come la folgore, tr. it. Adelphi, Milano 2001, pp. 169.
(5) H. Arendt, Riflessioni su Little Rock, in Id. Responsabilità e giudizio, tr. it, di Davide Tarizzo, Torino 2004, p. 167